Anp Puglia, Romito: «Con il rinvio degli accorpamenti danni alla scuola»

«C’è un danno per la categoria dei dirigenti scolastici: le reggenze, infatti, sono pagate con fondi contrattuali loro destinati. Più ce ne sono, meno fondi sono disponibili per la retribuzione di tutti i dirigenti. E c’ è un danno per la scuola pugliese nel suo complesso». Così, in una nota, Roberto Romito, presidente regionale Anp (associazione nazionale presidi) Puglia, a proposito dell’accorpamento.

Secondo Romito il decreto “milleproroghe” che nelle regioni che si avvalgono, come ha fatto la Puglia, del rinvio degli accorpamenti, le scuole oggetto di accorpamento non potranno disporre di una cospicua parte delle risorse che lo stesso decreto assegna per la concessione dell’esonero o del semi esonero dall’insegnamento dei docenti vicari del dirigente, funzione utile ed essenziale sul piano organizzativo e gestionale soprattutto nel momento in cui le scuole vengono fuse fra di loro.

«Crediamo la cosa non sia finita il 29 dicembre con la delibera della Giunta Regionale. Se ne discuterà ancora a lungo. Sia chiaro che non ce la prendiamo con il dimensionamento in sé: quello che non va bene, secondo noi, è il risultato conseguito ed il modo con cui vi si è giunti».

«All’evidente squilibrio dimensionale ed al ritardo principale si è aggiunto, infatti, un ulteriore ritardo pari ad un intero anno scolastico: infatti, nel decreto “milleproroghe” varato dal Governo (come ogni anno) negli ultimi giorni di dicembre, è contenuta una norma che consente alle regioni di rinviare al 2025/2026 un’aliquota del 2,5% di accorpamenti fra scuole rispetto al numero di quelle che avrebbero dovuto funzionare nel 2024/2025. Tradotta in numeri, per la Puglia quest’aliquota vale 14 (che è il 2,5% di 569). Da qui la decisione della Giunta regionale di non procedere subito con i 58 accorpamenti ipotizzati ma di farne sono 44, rinviandone 14, quelli che avrebbero generato scuole con numero di alunni molto elevato (sempre e solo nel primo ciclo di istruzione). Parallelamente, dice il decreto, poiché il numero dei dirigenti non può aumentare rispetto ai 569 previsti, dovranno essere disposte ulteriori 14 reggenze». 

«C’è il danno di non aver potuto ancora raggiungere un equilibrato assetto delle istituzioni scolastiche su entrambi i cicli di istruzione, cui solo in parte si potrà rimediare nel futuro se non prevarranno, come avvenuto nella presente circostanza, veti e dinieghi di vario tipo quasi tutti di natura politica locale che poco hanno a che fare con un’adeguata distribuzione dell’offerta formativa territoriale». 

«Le Regioni (riunite insieme allo Stato nella Conferenza Unificata) entro il 31 maggio 2023 avrebbero dovuto stabilire e consegnare al Ministro dell’Istruzione e del Merito il parametro medio di alunni per scuola necessario per individuare il suddetto numero di uffici dirigenziali. Già dai primi mesi del 2023 lo sapevano tutti che si discuteva in concreto di un numero oscillante fra 940 e 970 alunni per scuola (come numero medio di alunni su base regionale), ma anche di parametri correttivi che tenessero conto dell’andamento demografico e che compensassero eventuali squilibri fra le regioni stesse. Applicati alla Puglia (che purtroppo sconterà nel prossimo futuro una diminuzione di circa 10.000 alunni ogni anno per effetto del cosiddetto “inverno demografico”) questi dati, correttivi incusi, portavano ad un numero di scuole a sua volta oscillante fra 581 e 563 rispetto alle attuali 627; molte delle quali (ad oggi sono 48) sottodimensionate perché con meno di 600 alunni e quindi senza preside: infatti hanno al momento, alcune da anni, un preside reggente».

«Ma le Regioni non si sono messe d’accordo fra di loro e con lo Stato per cui, come da previsione legge, il parametro è stato fissato unilateralmente dal Ministro il 30 giugno al valore di 961, da cui le 569 dirigenze che funzioneranno in Puglia nel 2024/2025 e, per differenza (627 attuali meno 569), 58 avrebbero dovuto essere le presidenze da sopprimere attraverso gli opportuni accorpamenti di scuole».

«Così come andava pure spiegato allora che, in Puglia, se i 58 accorpamenti fossero stati effettuati soltanto fra le scuole del primo ciclo (che sono due terzi del totale), un banale calcolo statistico avrebbe mostrato che dopo aver unito fra loro le scuole più piccole e aver rispettato il criterio di operare gli accorpamenti possibilmente solo all’interno di ciascun comune, per raggiungere l’obiettivo si sarebbero dovute “fondere” fra loro scuole già normalmente dimensionate, creando così unità grandi o grandissime in termini di alunni».

«Quindi, dov’è il ritardo di cui parla Bronzini? Almeno da aprile, ma anche da molto prima, i dati della questione erano arcinoti e c’era tutto il tempo di fare un piano equilibrato – che evitasse eccessi dimensionali – sul complesso del sistema scolastico pugliese e non solo sulle scuole del primo ciclo, come ipotizzato nelle linee di indirizzo varate dalla Regione. Come richiedemmo noi e le altre organizzazioni sindacali già dalle prime riunioni di confronto con la Regione e con le altre amministrazioni».

«Quello che Bronzini (e qualcun altro) non dice, è che in realtà il tempo si è perso per aspettare ciò che non si è poi verificato: ossia l’annullamento della legge per la sua presunta incostituzionalità, richiesto con i ricorsi presentati alla Corte Costituzionale dalle regioni Puglia, Toscana ed Emilia-Romagna. Si sa come è finita: il 22 novembre scorso la Corte, anche sulla base della sua pregressa giurisprudenza in materia, ha respinto i ricorsi».

«Sono andati quindi perduti almeno 5 mesi, senza che fosse elaborato un “piano B”, e si è così giunti alla delibera regionale dello scorso 29 dicembre che dispone 44 accorpamenti fra scuole, ben 42 dei quali solo nel primo ciclo di istruzione. Ciò a nostro avviso è stato fatto in modo frettoloso e produttivo di danni per i dirigenti e per la scuola pugliese».

Facciamo quindi la conta dei danni conseguenti alla decisione che, come tutti i rinvii, dovrà prima o poi essere modificata:

– c’è un danno per la categoria dei dirigenti scolastici: le reggenze, infatti, sono pagate con fondi contrattuali loro destinati. Più ce ne sono, meno fondi sono disponibili per la retribuzione di tutti i dirigenti;

– c’è un danno per la scuola pugliese nel suo complesso: il decreto “milleproroghe” infatti stabilisce che nelle regioni che si avvalgono, come ha fatto la Puglia, del rinvio degli accorpamenti, le scuole oggetto di accorpamento non potranno disporre di una cospicua parte delle risorse che lo stesso decreto assegna per la concessione dell’esonero o del semi esonero dall’insegnamento dei docenti “vicari” del dirigente, funzione quanto mai utile ed essenziale sul piano organizzativo e gestionale soprattutto nel momento in cui le scuole vengono fuse fra di loro;

– c’è il danno di non aver potuto ancora raggiungere un equilibrato assetto delle istituzioni scolastiche su entrambi i cicli di istruzione, cui solo in parte si potrà rimediare nel futuro se non prevarranno, come avvenuto nella presente circostanza, veti e dinieghi di vario tipo quasi tutti di natura politica locale che poco hanno a che fare con un’adeguata distribuzione dell’offerta formativa territoriale.
Ecco perché crediamo che la storia non sia finita qui e che se ne dovrà parlare ancora a lungo.
Ben atterrati nel 2024!

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