«Le europee hanno sancito quanto irrazionale sia stata la decisione dei leader nazionali di separarsi, mettendo fine al progetto di partito unico, pur avendo idee coincidenti su gran parte degli argomenti. È la maledizione dei riformisti»: Fabiano Amati è di parola e, a poco più di un mese dalle elezioni, si dimette da commissario regionale di Azione. «Ma continuerò a far parte del gruppo in Consiglio regionale», dice mentre si fanno sempre più insistenti le voci di un suo ritorno nel Partito democratico.
Consigliere, perché si dimette soltanto adesso da commissario regionale di Azione?
«Non l’ho fatto all’indomani del voto per non alimentare tensioni. Poi è passato del tempo, ho preso atto del risultato poco soddisfacente di Azione alle europee e ho deciso di assumere la mia quota di responsabilità della disfatta. Cosa che, nel nostro Paese, avviene raramente».
E perché non lascia Azione?
«Ho un obbligo di solidarietà nei confronti dei colleghi consiglieri e degli elettori. Qualsiasi decisione dovrà essere condivisa con tutti».
Inclusa quella di tornare nel Pd? Ormai ne parlano tutti…
«Mi sembra una facile profezia. Il Pd resta il miglior partito italiano: riformista, non personale, scalabile. E, da segretario pugliese della Margherita, ho contribuito a fondarlo nella nostra regione. Non posso escludere un ritorno: chi, d’altra parte, non vorrebbe tornare a casa dei propri genitori?»
E allora perché, a suo tempo, è andato via dal Pd?
«Perché erano sorti problemi notevoli, a cominciare dalla dimensione emilianocentrica».
E adesso quei problemi sono superati?
«Vedremo se il Pd è tornato autonomo, autenticamente riformista, capace di proporre persone nuove. Se il Pd facesse il Pd, io sarei in quel partito. Anzi, le dirò di più: il Pd pugliese sono io».
Intanto, però, molti esponenti del Pd non vogliono che lei torni in maggioranza: quindi lei è il Pd ma il Pd non la ama…
«Quelle sono piccole invidie, piccoli rancori personali che sorgono per posti e posticini. E io non faccio questioni personali».
Nel Pd ci ritornerà da semplice consigliere o da assessore?
«Ho già fatto parte della Giunta, quell’esperienza è già nel mio curriculum. A me interessa aprire i nuovi ospedali, realizzare il Cup unico, ottenere la rotazione dei dirigenti. E da presidente della Commissione Bilancio posso farlo. Anzi, ora sono di fatto “assessore a tutti i rami”; se diventassi formalmente assessore, invece, qualche ramo sarebbe tagliato».
Ha parlato di rotazione dei dirigenti: crede di riuscire a ottenerla?
«Emiliano ha detto di sì e non ho ragione di dubitarne. Se, in questo scampolo di legislatura, facesse cose buone come la rotazione dei dirigenti, il mio giudizio nei suoi confronti migliorerebbe sensibilmente».