«Voglio costruire un computer quantistico»

La sua prima volta. Anzi, a dire il vero, la prima volta di un italiano in assoluto. Sinora non era mai successo, infatti, che un ricercatore italiano fosse eletto nello “Strategic Advisory Board” di QuantERA”, il network europeo che decide quali aree di ricerca promuovere e finanziare nell’ambito delle tecnologie quantistiche. Uno dei settori del momento, in rapida ascesa, di cui ancora forse non si sa molto, ma sul quale è opportuno soffermarsi. Specialmente quando si ha la fortuna di poterlo fare con un luminare del settore, come il Professor Saverio Pascazio. L’uomo del momento. Un orgoglio per la nostra terra (è di Bari). Un’altra nostra eccellenza che si sta distinguendo a livello internazionale e che ha davvero stupito tutti, tranne chi già aveva avuto modo in precedenza di conoscerne e apprezzarne l’indiscusso valore. Autore di due libri ed oltre 250 articoli, che parla fluentemente sei lingue e che nel suo ambito di riferimento ha lavorato già in altre nazioni, come per esempio Giappone, Austria, Canada ed Iran.

Professor Pascazio come sta vivendo questo importante riconoscimento?
«Mi fa davvero molto piacere, non posso negarlo. È gratificante quando il lavoro fatto e l’impegno profuso vengono apprezzati, sia in Italia che all’estero».
Un campo complesso il suo. Come potremmo definire, in modo non troppo tecnico, le tecnologie quantistiche?
«Le tecnologie quantistiche sono tecnologie del futuro, basate sulla cosiddetta fisica quantistica, che utilizzano caratteristiche che non trovano corrispondenza nella fisica classica e che sfuggono alla nostra percezione sensoriale. E che rendono possibili dispositivi dotati di prestazioni inimmaginabili, fra cui la possibilità di fare calcoli velocissimi, di condividere chiavi crittografiche, di effettuare misure estremamente precise. Il settore è in rapidissima espansione e l’Europa vi ha svolto un ruolo chiave, anticipando spesso idee e tendenze rispetto a Stati Uniti e Cina, stanziando anche cospicui finanziamenti. Chi riuscirà per primo a realizzare un computer quantistico acquisirà un vantaggio enorme sui paesi concorrenti».
La durata prevista del suo nuovo incarico sarà di 5 anni. In tutta coscienza lo ritiene un tempo sufficiente per poter realizzare i suoi propositi?
«Direi di si. La congiuntura è favorevole. Grazie al PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) nei prossimi anni l’Italia andrà incontro ad un periodo denso di opportunità. È una sfida ed allo stesso tempo una grande responsabilità. Ciò che faremo avrà ricadute profonde sulla prossima generazione. Il nodo chiave è la sostenibilità: creare dei presupposti duraturi per la ricerca e le attività future».
Quanto potrà servirle l’esperienza lavorativa da lei già maturata in altre nazioni?
«Credo molto. Ho vissuto tanti anni all’estero, e questo inevitabilmente aiuta a comprendere culture diverse, a creare contatti lavorativi e anche umani, a mettere a fuoco le esigenze ed i punti di vista di colleghi non italiani. Nello “Strategic Advisory Board” di “QuantERA” vi sono infatti scienziati di diversi paesi europei e se non si comprendono a fondo le loro esigenze non si va avanti. “QuantERA” è un board europeo, infatti, che guarda all’Europa nel suo insieme».
Quali nuove aree potrebbero essere finanziate nell’ambito delle tecnologie quantistiche?
«Sensori, misure di precisione, analisi di dati ed immagini, simulazioni al computer con tecniche quantistiche. Sono tutte tematiche che delineeranno e cambieranno il nostro futuro. Ma, a parte i finanziamenti, io credo che la fisica quantistica sia dotata di un grande fascino. È questo fascino che in ultima analisi motiva la ricerca».
A Bari c’erano comunque già tre gruppi che lavoravano in quell’ambito. Come mai è un settore così poco noto al pubblico medio?
«Ottima domanda!»
Dietro al ricercatore c’è però l’uomo. Quali sono le passioni o gli hobby di un uomo votato alla scienza?
«Nuoto tre volte alla settimana con un gruppo di nuotatori che ormai sono diventati miei cari amici. Gioco a scacchi. Leggo molto, sia letteratura che libri tecnici. Leggere matematica pura, infatti, continua a distendermi, dopo anni passati a fare ricerca in fisica teorica».

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