Vecchioni in Puglia: «Che tristezza vedere gli ulivi “uccisi” dalla Xylella»

«Come si fa a vivere in un mondo senza bellezza? Classicità, armonia, capacità di stare bene: tutti dovrebbero difenderle, soprattutto in luoghi come il Sud dove ogni giorno si celebra il trionfo della bellezza»: più che un monito, quello di Roberto Vecchioni è un invito a esaltare la vita. Ed è proprio questo, d’altra parte, il filo conduttore del concerto che il cantautore milanese terrà il prossimo 15 luglio sul sagrato della basilica della Madonna del pozzo di Capurso, nell’ambito del Multiculturita Summer Festival.

Professore, partiamo da un luogo comune. Si dice che Bari sia la Milano del Sud: verità o esagerazione?

«È verissimo. Bari è una città moderna, attenta, mitteleuropea e mediterranea, anche se si affaccia sull’Adriatico. Bari è il centro dell’Europa, una città che sa cosa siano il continente e il futuro. Non a caso i tanti baresi – e, più in generale, i pugliesi – che si trasferiscono al Nord riescono ad assumere ruoli di comando. E parlo di contesti sani».

Conosce così bene la Puglia?

«Altroché, ci vengo spesso. Trascorro le vacanze nel Salento, tra Otranto e Gallipoli. La Puglia è una terra magnifica, capace di offrire frutti e vini meravigliosi, dove la gente ha una innata propensione alla cultura e alla gentilezza. Adoro i piccoli paesi, le masserie, i crocchi di persone che parlano in strada, la capacità coltivare la terra. A proposito, mi lasci dire una cosa».

Prego.

«Mi piange il cuore nel vedere gli ulivi “uccisi” della Xylella. L’ulivo è il Mediterraneo, la costanza, la forza, la tenacia di un popolo. Perciò vedere quegli alberi morti provoca un dolore lacerante: è come se togliessimo il mare ai marinai. Si vive anche di simboli, non crede?».

Certo. A proposito, la parola è il simbolo per eccellenza. E lei, nell’album “L’Infinito”, la usa per celebrare la vita. Che cosa l’ha ispirata?

«L’intero album è un inno alla vita. Un inno di tutti, anche di quelli che sembrano non amarla, persino di Giacomo Leopardi. Perché tutti siamo aggrappati alla vita e non vogliamo lasciarla. Non solo in senso positivo, ma anche negativo: lavorando a contatto con i detenuti, ho capito che anche chi fa del male, commette peccati o si macchia di reati più o meno gravi lo fa per difendere o “strappare via” qualcosa. E quel qualcosa è la vita».

Al centro dell’album e dello spettacolo torna il tema della bellezza che lei ha già affrontato in altri album: come mai?

«Perché non si può vivere in un mondo senza bellezza: un quadro meraviglioso, una donna affascinante, un paesaggio che toglie il fiato».

E non c’è il rischio di assuefarsi alla bellezza, smettendo così di difenderla e valorizzarla, come troppo spesso avviene al Sud?

«Certo. Il pericolo è che la bellezza in cui viviamo si dia per scontata. Spesso a catturarla sono quelli che ne hanno poca, mentre quelli che nascono nella bellezza sembrano non accorgersene. Un napoletano dovrebbe battersi per la bellezza del suo golfo, un pugliese per quella dei suoi uliveti. Tutti siamo chiamati a difendere la bellezza, nessuno escluso».

Nel suo album c’è spazio anche per Giulio Regeni che rappresentava e rappresenta tuttora la migliore gioventù italiana e si contrappone ai ragazzi che a Bari, dopo il Pride, si sono resi protagonisti di aggressioni omofobe. Come si “curano” questi giovani?

«Intanto, chi è omofobo dimostra di avere complessi grossi. Ce l’ha piccolo in senso culturale, perché nell’altro da sé vede solo ed esclusivamente un nemico. Ed è qui che serve la cultura, cioè far capire ai giovani il senso più profondo delle cose. Il mondo è in continua deflagrazione proprio per questo: si è perso il senso delle cose, non si comprende che una regola non è un atto di prevaricazione ma una forma di tutela della libertà. Questo va insegnato ai ragazzi».

La cultura classica, che lei diffonde come professore e come cantautore, può servire a centrare l’obiettivo?

«È determinante, non tanto per i temi quanto per la forma mentis che è capace di regalare a chi la coltiva. La mentalità classica ha un’apertura spaventosa, non si chiude in una stanza o in corridoio».

Vita, bellezza, giovani: che altro dobbiamo aspettarci dal concerto di Capurso?

«Sarà uno spettacolo estivo, molto agile. Il tema sarà l’amore per la vita raccontato da figure come quella di Leopardi, Alex Zanardi e così via. Il messaggio è chiaro: la vita trionfa sempre, qualsiasi cosa accada, se si hanno amore, cultura, capacità di cogliere la bellezza e senso di rivincita nell’animo. Andrà alla grande, anche perché sono felice di tornare a Bari e dintorni».

Nel tempo libero cosa farà?

«In realtà mi aspettano venti serate in due mesi e di tempo libero ne ho poco. Ma dopo due anni di pandemia, la gioia più grande è tornare sul palco. E cantare la vita».

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