«Sono sempre alla ricerca del suono perfetto»

La storia di Agostino Carella meriterebbe di essere narrata in una ballata rock, acustica e romantica, dannata e poetica, unica e irresistibile, come la sua arte. Nato cinquantasette anni fa in Canada da genitori di Acquaviva delle Fonti, arriva in Puglia con loro a 20 anni, portando con sé la passione per la musica rock e per la chitarra, la cultura del legno pregiato della terra dei suoi natali, il suo naturale talento manuale e un forte accento canadese, che non ha mai perso, insieme alla sua ossessione animica: la ricerca del suono perfetto. Oggi Agostino non solo è un liutaio, ma letteralmente lo è: nella sua piccola bottega in paese, “Agostin Custom Guitars (le chitarre personalizzate di Agostino) crea rigorosamente a mano chitarre elettriche tanto vicine al capolavoro da essere richieste da alcuni dei più grandi musicisti contemporanei.

Agostino Carella, come è diventato un liutaio?
«Sono appassionato di rock e chitarra da sempre. Negli anni ’80 e ’90 le chitarre mi sembrava avessero sempre qualcosa che non andava. E modifica questo e modifica quello, alla fine ho iniziato a farle da me. La sfida era, ed è ancora, creare la chitarra perfetta».
Ci è riuscito?
«Devo ancora iniziare», esclama sorridendo. «Ogni volta che consegno una chitarra, nel momento in cui la affido all’artista che me l’ha commissionata, penso già cosa cambierò nella prossima per farla ancora meglio e non vedo l’ora di iniziare. Il tempo per me si è fermato a 25 anni».
In che senso?
«Ho ancora voglia di fare cose nuove, di scoprirle. Vorrei ricominciare a viaggiare, portare i miei figli a vedere come funzionano altri Paesi, come il Canada, la scuola soprattutto. Lì è un’altra cosa».
Intanto, il mondo lo girano le sue chitarre, che dal laboratorio di Acquaviva accompagnano grandi musicisti su alcuni dei palchi più importanti del mondo.
Cos’hanno di tanto speciale?
«Si dice che la chitarra elettrica non ha un’anima, ma non è vero. La realizzazione, anche delle migliori, è basata su un metodo di 70 anni fa, ma oggi ci sono esigenze diverse. Dopo due anni di ricerche e test ho studiato un innesto particolare che unisce il manico al corpo della chitarra, per avere una sonorità più definita e persistente. Esternamente una Agostin somiglia alle chitarre che vedi in giro, ma lo riconosci subito quando ne hai in mano una, basta un accordo».
Il primo a provare una sua chitarra è stato Rocco Zifarelli, il chitarrista del Maestro Ennio Morricone, seguito da Max Cottafavi (il chitarrista di Ligabue), Dodi Battaglia dei Pooh (che, dopo il primo accordo su una Agostin ha esclamato: «Ma cosa ho suonato per quarant’anni?»), Phil Palmer dei Dire Straits (che con la chitarra di Agostino ha suonato, tra gli altri, anche con George Michael), Ruggero Brunetti (chitarrista dell’orchestra di Sanremo), Giorgio Secco (chitarrista di Eros Ramazzotti e Giorgia), Giacomo Castellano (che ha suonato anche con artisti come Gianna Nannini, Elisa, Piero Pelù, Vasco Rossi) e tanti altri.
Ogni sua chitarra è unica e personalizzata esteriormente ma riconducibile a lei?
«Sì, e se un progetto non mi convince, se non capisco già dal disegno o dai desideri che potrà suonare come dico io, non la faccio».
Come lo capisce?
«Lo so e basta, dalla forma, dal legno. Ma la conferma arriva solo con le corde: è il momento che preferisco, non vedo l’ora che arrivi. Il primo accordo è tutto, le pizzico e se respingono il suono e i legni iniziano a vibrare all’unisono con le vibrazioni delle corde, so che ci siamo. Ma se non è al 110%, vado a casa triste, per me è come perdere una battaglia. Una chitarra nuova inizia a tirar fuori il suono vero dopo 3 o 4 giorni, quindi non le consegno subito, le tengo con me finché non sono pronte; come i figli, li lasci andare quando senti che ce la faranno da soli».
I racconti di questo pugliese con accento straniero sono affascinanti, alcuni degli aneddoti sulle star sue clienti sono divertenti, ma la poesia vera è l’amore che emerge per le sue giornate, fatte di solitudine, dalle 8 del mattino alle 9 di sera in laboratorio, dei suoi gesti lenti, della cura che mette nello scegliere e lavorare il legno, la magia con cui crea i suoi innesti magici e che fanno delle sue chitarre delle vere opere d’arte, che suonano come nessun’altra al mondo. Perché, aggiunge, «È più forte di me. Non è che son lì per i soldi: quando lavori per i soldi, la passione non può entrare».

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