Crede nell’ambiente e nei rapporti umani. Crede che i sogni imprenditoriali si possano realizzare anche al Sud. Crede che il futuro parta dalle azioni sostenibili di oggi. E lo dimostra con i fatti: Giuseppe Vendramin, classe 1977, ingegnere elettronico tarantino che si occupa dello sviluppo di corpi illuminanti a LED da oltre quindici anni, con due amici incontrati all’università, Alessandro Deodati ed Emiliano Petrachi (entrambi salentini) e la holding pugliese Finsea, ha fondato Niteko (www.niteko.com), una società specializzata in illuminazione LED e robotica all’avanguardia. Nel 2005 sono stati pionieri nel proporre e installare in Puglia i primi prototipi di illuminazione stradale con tecnologia a LED di potenza, e oggi i loro sistemi sono presenti in tutto il mondo, illuminato con orgoglio dei colori più belli del nostro territorio: quelli dei talenti made in Puglia.
Giuseppe Vendramin, la sostenibilità paga?
«Ci credeva l’allora rettore dell’Università del Salento, il professor Domenico Laforgia, che ci spronò ad essere il motore (ecologico) del nostro avvenire; ci credeva e ci crede la holding che ha sostenuto la nostra idea sin dall’inizio e che da vent’anni fa impresa con successo sul territorio mettendo al centro di tutto la tutela ambientale; e, naturalmente, ci crediamo noi, che sul tema dell’ecodesign ci siamo incontrati, e con cui da più di dieci anni facciamo funzionare la nostra azienda».
Il futuro, quindi, ha il cuore verde?
«Abbiamo sempre ritenuto che nel futuro avremmo avuto meno risorse a disposizione, e che l’unico modo per non esaurirle fosse risparmiarle; per questo in Niteko ci siamo concentrati sull’illuminazione a LED e sulla robotica per l’agricoltura di precisione, sempre in ottica di risparmio energetico. E pensando anche alla comunità».
In che senso?
«Ci accomuna il fatto di voler rimanere in Puglia, abbiamo studiato qui perché crediamo nel valore delle nostre università e aver creato qui un’azienda per noi vuol dire anche creare lavoro per conterranei e conterranee: sono questi valori forti che ci hanno permesso di intraprendere questa iniziativa».
Quanto è stato difficile?
«Non voglio scavare nei luoghi comuni. È chiaro che al Sud siamo carenti di tante cose: la maggior parte dei nostri fornitori, per carenza di offerta locale, è fuori regione e, ovviamente, questo incide sui processi aziendali. Però non bisogna arrendersi, anzi, bisogna fare in modo che anche altri capiscano che qui si può fare impresa, che è l’unico modo per uscire dalla situazione di maggiore povertà delle nostre regioni».
Pensa che questo suo appello possa trovare terreno fertile?
«Sono convinto che tutti e tutte devono fare la propria parte, perché i tempi sono maturi, specialmente ora che la globalizzazione mostra segni di “inadeguatezza” e teoricamente ci sono fondi disponibili per ritornare a concepire una produzione sul territorio nazionale; quindi tornare a fare industria e a farla bene, in modo ecosostenibile, anche se certo non è banale (in Italia abbiamo una burocrazia enorme e i nostri territori sono tutto fuorché ecosostenibili, Taranto per prima)».
Voi come ci state riuscendo?
«Nel nostro settore di illuminazioni per esterni c’è tantissima concorrenza, soprattutto di aziende multinazionali e multimiliardarie, con produzioni sempre più spostate verso Oriente per questioni di costi. Riusciamo a ritagliarci il nostro spazio innovando, studiando, facendo ricerca e sviluppo. Per esempio, l’ultima linea di prodotti che stiamo lanciando proprio in questi giorni, “Lorelux”, consiste in lampade la cui scocca è rivoluzionaria, ci consente di concentrare la produzione in Italia e di offrire un prodotto gentile con l’ambiente: non utilizziamo fonderie (come invece accade nel 99,9% dei casi), quindi non immettiamo inquinanti in atmosfera, ed è riciclabile al 100%, a dispendio di energia quasi zero; senza contare che non ha bisogno di essere verniciato, non si rovina nel tempo e non cambia aspetto: può essere installato anche in riva al mare. È proprio un nuovo modo di concepire l’illuminazione pubblica da esterno».
E anche un nuovo modo di concepire l’imprenditoria, visto che Niteko già dall’anno scorso si avvale (a livello di gruppo e di singola impresa) del LCA (Life CycleAssessment, Valutazione del ciclo di vita, lo strumento utilizzato per analizzare l’impatto ambientale di un prodotto, di un’attività o di un processo lungo tutte le fasi del ciclo di vita), e da quest’anno si doterà del bilancio certificato sulle singole linee di prodotto.