Francesca Cavallo, imprenditrice, queer e meridionale: «Il nostro Paese e i diritti mutilati»

Francesca Cavallo si muove immersa in un’aurea di luce e appena entra in una stanza illumina ogni cosa. Chi è lì ad aspettarla le si stringe intorno, magnetizzata. È successo nell’Open Space Apt Basilicata a Matera dove Cavallo, scrittrice, attivista e regista teatrale è arrivata per la presentazione del suo ultimo libro “Il fuoco nel cassetto”, uscito per Salani.

Conosciuta per “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di cui è autrice insieme a Elena Favilli, un best-seller ispirazione per milioni di bambine (e non solo) in tutto il mondo, è una donna del Sudm precisamente originaria di Lizzano (Ta).

La luce si accende nel suo attivismo nel mondo Lgbtq+ che arriva pragmatico, trasparente e appassionato, e nei suoi libri. Parla di libertà e di liberazione da quelle che chiama «catene invisibili»; arrivate tardi, ma fortissimamente arrivate. Luce che è anche fuoco, in un cassetto che ha dovuto aprire perché se no «finisce per bruciarti casa».

Di cosa è fatto il suo fuoco?

«Di tanta rabbia nei confronti delle opportunità che non solo non mi sono state date, ma nemmeno mi è stato detto che c’erano. In uno dei primi capitoli del libro parlo di tutte le cose che non mi sono state dette. Non mi è stato detto che essere apostrofata per strada non era normale, che certe cose mi capitavano solo perché ero una donna, e questa non era una cosa naturale. Era ingiusto. C’è poi il desiderio di prendersi di più di quello che il mondo mi vuole dare, e tanti sogni».

Ispirazione per sé stessa e per gli altri.

«Cerco di ispirare e contagiare le lettrici e i lettori del libro a prendere in mano la propria vita e appiccare un fuoco, quel tipo di fuoco che consente a un terreno di essere seminato e di far crescere il prossimo raccolto più rigoglioso. Un fuoco che purifica e che permette di spazzare via quelle strutture che escludono per rimpiazzarle con strutture inclusive e più democratiche del sistema nel quale viviamo oggi».

In un’intervista ha detto che da piccola avvertiva una mancanza di narrazione che le permettesse di capire meglio sé stessa. Crede che le cose oggi vadano un po’ meglio?

«Sicuramente rispetto a quando ero piccola io sono cambiate tantissime cose. È indubbio che le ragazze e i ragazzi hanno oggi una rappresentazione del mondo lgbt che nel mio caso mancava completamente. C’è da dire però che nel nostro paese di fatto le persone gay, trans, vivono ancora una mutilazione dei propri diritti. Se da una parte c’è una maggiore rappresentazione, dall’altra la politica non ha fatto i passi avanti fatti a livello sociale su questi temi».

Il suo nuovo libro esce per Salani, una delle case editrici per ragazzi più importanti del nostro paese. Come mai ha scelto di rivolgersi a questo target?

«Mi interessa rivolgermi alle nuove generazioni, cosa che ho fatto anche con il podcast “Scintille”. Trovo che sia uno degli ambiti più fertili per coltivare il cambiamento di cui abbiamo bisogno. Se le nuove generazioni crescono esposte alla gloriosa diversità del mondo, anziché in un’idea di normalità che esiste soltanto nelle ideologie conservatrici, è un modo di investire nel fatto che le nuove generazioni poi costruiscano un mondo più inclusivo. Se uno fin da piccolo vede rappresentate le persone trans, gay, razzializzate, disabili, sarà molto più difficile convincerlo quando cresce che c’è un solo modo di essere normali che è essere bianchi, cis, eterosessuali e preferibilmente maschi».

“Storie della buonanotte per bambine ribelli” ha ispirato migliaia di bambine in tutto il mondo. Tre nomi che hanno ispirato lei?

«Vengo ispirata da tante persone che incontro ogni giorno. Sono stata ispirata dalla vicepresidente del parlamento europeo, Pina Picerno. È una donna del sud, come me, che ha preso in mano la sua vita e ha scalato una delle istituzioni delle quali ho maggiore rispetto. E poi da Anna Oxa: da bambina, il modo in cui giocava con una certa fluidità di genere – parole che all’epoca non avevo – sul palco di Sanremo è stata la cosa più vicina alla quale mi sono sentita. Espandeva i confini. Il terzo personaggio non è reale: Jo di “Piccole Donne”. Quando ho visto il film, ritrovarmi dopo tanti anni a contatto con quel personaggio avendo realizzato la mia carriera di scrittrice mi ha commosso moltissimo».

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