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Caradonna confermata alla guida del comitato Pmi di Confindustria Puglia: «Nuova sfida è il digitale»

«Le piccole e medie imprese hanno il vantaggio di adeguarsi più rapidamente agli scenari. La struttura familiare, inoltre, le ha rese più resilienti ma ora abbiamo un compito: aiutarle ad aprire le governance a manager esterni per fare quel salto dimensionale che le assicuri obiettivi di crescita». Commenta così Teresa Caradonna, riconfermata negli scorsi giorni…

«Le piccole e medie imprese hanno il vantaggio di adeguarsi più rapidamente agli scenari. La struttura familiare, inoltre, le ha rese più resilienti ma ora abbiamo un compito: aiutarle ad aprire le governance a manager esterni per fare quel salto dimensionale che le assicuri obiettivi di crescita». Commenta così Teresa Caradonna, riconfermata negli scorsi giorni alla guida del comitato Pmi di Confindustria Puglia, i dati esaltanti di un dossier sui fatturati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere. Nel 2022 il giro d’affari delle imprese nel Mezzogiorno è aumentato dell’8,1 per cento rispetto all’anno prima. Oltre la media nazionale del 7,2.

Dottoressa Caradonna, è la rivincita del Mezzogiorno che, nonostante tutto, continua a dire la sua sul mercato?

«Come molte indagini hanno evidenziato, le Pmi del Mezzogiorno hanno registrato un andamento positivo nei primi mesi del 2022 senza sottovalutare le insidie che si prospettano per il 2023. Più che di rivincita parlerei della straordinaria capacità delle imprese meridionali di cogliere le poche opportunità disponibili e trasformarle in massimo vantaggio. Ma non basta se non a dimostrare che il Sud può e deve essere volano di crescita strategica per tutto il Paese».

Le aziende di medie dimensioni sono risultate più ottimiste riguardo alla ripresa economica post pandemia rispetto alle grandi. Eppure dovrebbero essere strutturalmente più fragili. Perché secondo lei?

«Non so se si tratta di essere ottimisti o strategici. Le Pmi pur strutturalmente più fragili, hanno il vantaggio di adeguarsi più velocemente ai vari mutamenti di scenari economici, perché hanno una organizzazione interna più snella in cui decisioni e cambi di operatività risultano immediati. Hanno lavorato contemporaneamente su due fronti: sono riuscite a riorganizzarsi più e più volte dalla crisi pandemica ad oggi, hanno sperimentato nuovi mercati, hanno dato spazio ad innovazione di prodotti e processi e dall’altro hanno fatto i salti mortali per fronteggiare i costi».

La pandemia ha riscritto molte delle regole del fare impresa. Il fatto che al Sud molte aziende siano a conduzione familiare può aver rappresentato il valore aggiunto determinante?

«Il Sud ha un tessuto imprenditoriale che è costituito largamente dalle imprese a conduzione famigliare. Questo può aver rappresentato un valore aggiunto perché radicate sul territorio sul quale operano e il territorio è un valore che assume significato di comunità per l’Impresa, ma non direi che sia stato determinante. Sono state maggiormente resilienti, questo ha fatto la differenza. Oggi semmai abbiamo un problema: aiutare le imprese a conduzione famigliare ad aprire la governance a manager esterni alla famiglia per poter fare quel salto dimensionale che le assicuri obiettivi di crescita. Oggi viviamo in un mondo che è in costante trasformazione e la crescita assume un profilo di necessità. Occorre inoltre sostenere il percorso di crescita delle piccole e medie imprese con misure che agevolino l’accesso al credito e la riduzione delle tasse sul lavoro».

Anche lo studio rivela che c’è grande attesa rispetto al Pnrr, risorse alle quali il 71 per cento degli imprenditori meridionali dichiarano di aspirare. Teme che i ritardi dovuti alla burocrazia possano compromettere questa opportunità?

«Vero. Abbiamo grandi aspettative Pnrr perché rappresentano l’unica reale opportunità di sviluppo per il Mezzogiorno che sconta un gap infrastrutturale importante e la variabile tempo/burocrazia è fondamentale. Occorre agire nei tempi previsti e bene se vogliamo trasformare i progetti in opere concrete. La burocrazia da sempre ingessa l’operatività delle imprese italiane non solo quelle del Sud. La semplificazione è una delle battaglie più combattute da Confindustria».

Su due aspetti le medie imprese meridionali hanno mostrato performance inferiori rispetto a quelle del Centro Nord: l’attenzione alla sostenibilità ambientale e al benessere dei dipendenti. Come se lo spiega?

«Questi sono dati difficili da reperire e che tracciano un profilo non aderente alle imprese del Sud. L’attenzione alla sostenibilità ambientale e alle misure di welfare sono da sempre parte importante delle attività delle nostre imprese. Si ricicla tanto, si riutilizzano materiali di scarto, si pone attenzione alle esigenze dei propri collaboratori, alle politiche di conciliazione e altro. Solo che sono tantissime le imprese che da sempre attuano queste buone pratiche ma trascurano l’aspetto del racconto delle stesse».

Il futuro delle imprese passa dalla digitalizzazione. A che punto sono le aziende pugliesi nel percorso di innovazione?

«A valle della crescita dimensionale il futuro delle pmi è legato alla capacità che ognuna di esse avrà nel traguardare le varie transizioni, prima fra tutte quella digitale. La creazione di ecosistemi virtuosi come quelli che si stanno creando in Puglia tra imprese, Università e centri di ricerca sono il segno della piena consapevolezza da parte delle imprese dell’importanza che rivestono le nuove tecnologie: cloud, big data, Iot Occorrono però competenze interdisciplinari e trasversali e riscontriamo attualmente grosse difficoltà nel reperire figure professionali specifiche».

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