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Beatrice Monroy in Puglia: «La scuola antidoto alla violenza»

Con “Niente ci fu” ha fatto conoscere all’Italia la storia, non solo personale ma sociale e perfino “politica”, di Franca Viola, ex Senatrice della Repubblica Italiana ma soprattutto prima donna a ribellarsi contro il matrimonio cosiddetto “riparatore”, rifiutandosi di sposare l’uomo che l’aveva rapita e violentata. Beatrice Monroy ha un lungo passato come narratrice, scrittrice…

Con “Niente ci fu” ha fatto conoscere all’Italia la storia, non solo personale ma sociale e perfino “politica”, di Franca Viola, ex Senatrice della Repubblica Italiana ma soprattutto prima donna a ribellarsi contro il matrimonio cosiddetto “riparatore”, rifiutandosi di sposare l’uomo che l’aveva rapita e violentata. Beatrice Monroy ha un lungo passato come narratrice, scrittrice e drammaturga che da Palermo alza lo sguardo sull’Italia e sull’Europa. Nei sui scritti, nelle sue opere continua ad interrogarsi sul senso della violenza contro le donne, su quali possono essere gli strumenti per debellarla e le leve su cui premere affinché le nuove generazioni non dimentichino l’esempio di Franca Viola.

Monroy sarà a Cassano delle Murge domani 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Incontrerà in mattinata gli studenti della scuola media e del Liceo e alle 18.00 i cittadini, le Associazioni che si impegnano sul territorio per contrastare la violenza di genere, le Istituzioni.

Beatrice Monroy: quale valore ha, oggi, celebrare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne?

«Mi permetto di dire che non dovrebbe essere una celebrazione ma piuttosto un giorno in cui si riflette su quest’orribile tragedia che continua a mettere le donne al centro della violenza. Il senso della giornata per me è questo.

Negli anni ci sono state modifiche al Codice Penale, sono stati creati strumenti per assistere le vittime; le campagne informative non mancano eppure assistiamo quasi quotidianamente a fatti nei quali il delirio di possesso e di proprietà nei confronti di un’altra persona è preponderante».

Che cosa ancora occorre fare?

«Penso che sia necessario tenere viva l’attenzione e cercare di lavorare con i ragazzi affinché si smantelli l’idea di possesso del corpo femminile che pare si tramandi da generazione in generazione».

La sua notorietà è legata anche per aver scritto un famoso libro sulla vicenda di Franca Viola. Perché ha voluto raccontarla, contribuendo a farla diventare un esempio per tante donne?

«È un libro che scritto dieci anni fa e che veramente mi ha portato in giro per tutta l’Italia; da allora non ho mai smesso di occuparmi come scrittura, di donne. Tutto è cominciato perché mi era stato chiesto di raccontare la storia di Franca Viola in un contesto politico (memorie del G8): io sono, infatti, una narratrice, quando ho cominciato a studiare le carte, i giornali dell’epoca, ho capito che quella storia era il nostro presente e quindi l’ho scritta».

Lei incontra spesso studenti e giovani per parlare di queste tematiche. Quale percezione hanno le nuove generazioni?

«Mi sembra che ci sia ancora tanta confusione, i giovani sono meno possessivi di prima ma lo stesso mi pare che debbano fare tanti passi in avanti».

Ragazze e ragazzi a volte si trovano dinanzi alla cosiddetta “violenza assistita” soprattutto in famiglia, vera e propria forma di maltrattamento nei confronti dei minori. Quali possono essere semplici accorgimenti per disinnescare conflitti ed evitare il ricorrere alla violenza fra le mura domestiche?

«Io questo non lo so. Credo che i centri antiviolenza svolgano in questo senso un gran servizio. Tutto si lega, sistema sociale, mezzi di comunicazione ma al centro la scuola, lì le cose fanno la differenza».

Ha vissuto per diversi periodi all’estero. Coglie differenze nell’approcciarsi alla violenza di genere in Italia, rispetto ad altri Paesi?

«Ho vissuto all’estero tanto tempo fa ma ho figlio e nipoti prima a Berlino e ora in Olanda, mi sembra che la violenza di genere sia purtroppo ben distribuita ovunque. I passi da fare sono tanti e vanno fatti riprendendo a uno a uno le persone».

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