A oltre dodici anni dall’inizio dell’emergenza Xylella, il Wwf torna a puntare il dito contro le scelte che hanno segnato il destino degli uliveti pugliesi e in particolare brindisini.
Il rapporto
Nel rapporto «La fastidiosa Xylella», pubblicato in occasione della Giornata Nazionale dell’Agricoltura, l’associazione ambientalista parla di un «sistema corporativo» che, tra alleanze strumentali e provvedimenti sbagliati, avrebbe contribuito alla distruzione di un patrimonio ambientale e culturale unico.
Secondo il Wwf, il contrasto al batterio – arrivato in Puglia attraverso piante di caffè importate dall’America centrale – è stato condotto seguendo una logica di eradicazione forzata: abbattimenti massivi di ulivi infetti e piante sane nel raggio di 100 metri, poi ridotti a 50, nonostante dal 2015 la Xylella fosse considerata endemica e non più eliminabile. Una strategia «sproporzionata e priva di solide basi scientifiche», che ha portato all’abbandono di centinaia di ettari di campagne, senza tentare vere soluzioni agroecologiche.
Il dossier denuncia anche le ricadute economiche di queste scelte: oltre 600 milioni di euro di flussi finanziari generati da espianti e reimpianti con cultivar brevettate, favorendo speculazioni e conflitti di interesse. Parallelamente, è stato smantellato il sistema di tutela degli ulivi monumentali, con una perdita irreversibile per il paesaggio pugliese.
Eppure, proprio dagli agricoltori che hanno resistito all’abbattimento arrivano segnali di speranza: alcuni ulivi curati con metodi agroecologici mostrano oggi segni di ripresa e tornano a produrre.
Il Wwf chiede un cambio di paradigma: abbandonare l’agricoltura intensiva e avviare una vera transizione agroecologica che rimetta al centro la biodiversità, la salute dei suoli e il ruolo degli agricoltori come custodi dell’ambiente.









