È diventata definitiva l’assoluzione del 53enne Francesco Brandonisio dall’accusa di aver ucciso “Ambra” Dentamaro, trans morta la notte del 23 settembre del 2018 nel quartiere San Giorgio di Bari.
Brandonisio, che è rimasto in carcere per due anni e mezzo, fu assolto lo scorso marzo dalla Corte d’Assise di Bari, a fine giugno i giudici hanno depositato le motivazioni della sentenza e né la Procura né la parte civile hanno impugnato l’assoluzione. Brandonisio è stato assistito dagli avvocati Antonio Fatone e Guglielmo Starace, la Procura aveva chiesto nei suoi confronti la condanna a 30 anni di reclusione.
Dentamaro fu ritrovata alle 3 di notte nella sua auto in una stradina del quartiere sul lungomare Sud di Bari, con una ferita da coltello al collo arrivata probabilmente al termine di un rapporto sessuale.
Dopo quattro anni di indagini, gli inquirenti arrestarono Brandonisio ritenendolo il «cliente numero 3» di Dentamaro, ovvero l’uomo considerato (sulla base delle immagini delle telecamere della zona) l’assassino. Brandonisio aveva una Fiat Punto come l’uomo che, dopo le 2 di notte, si allontana da una zona vicina a quella dell’omicidio spingendo l’auto, su cui c’era un canotto arancione. E Brandonisio, come emerso da una perquisizione, aveva un gommone (grigio), usato per la sua attività da pescatore da diporto amatoriale. Ma, scrivono i giudici (presidente Sergio Di Paola) nelle motivazioni della sentenza, «gli accertamenti svolti dal consulente del pubblico ministero non consentono in alcun modo di identificare nell’imputato il terzo cliente del Dentamaro».
E ancora: «L’ignoto è ben più alto dell’imputato», e l’auto di Brandonisio aveva un gancio-traino che non c’è sulla macchina ripresa, quindi «deve concludersi che il veicolo dell’ignoto non poteva essere quello del Brandonisio». Inoltre, non c’erano stati contatti telefonici tra l’imputato e la vittima, né il telefono di Brandonisio aveva agganciato le celle della zona dell’omicidio. Elementi che, per i giudici, formano un «vuoto probatorio» per il quale l’uomo è stato assolto «per non aver commesso il fatto».