Nel luglio 1995, oltre 8mila uomini e ragazzi musulmani bosniaci furono uccisi dai serbo-bosniaci, guidati dal generale Ratko Mladic, dopo la presa di controllo di una “zona protetta” delle Nazioni Unite. I corpi delle vittime furono nascosti in fosse comuni, poi dissotterrate per occultare le prove. Oggi a 30 anni dal genocidio, l’anniversario non solo ricorda solo una tragedia atroce ma rilancia l’impegno globale per la giustizia, la memoria e la pace.

Ogni anno si tengono funerali collettivi per i resti recuperati, che spesso consistono solo in ossa o frammenti. Il 30esimo anniversario del genocidio di Srebrenica è commemorato con migliaia di persone provenienti da tutto il mondo che si sono radunate nella città bosniaca. L’evento rappresenta l’unico genocidio in Europa dopo l’Olocausto e ha segnato profondamente la Bosnia-Erzegovina, ancora oggi divisa etnicamente e segnata dal rifiuto di Serbia e serbo-bosniaci di riconoscerne la natura genocida, nonostante le condanne di tribunali internazionali per i responsabili, tra cui Radovan Karadzic e Ratko Mladic.

La commemorazione e la partecipazione di funzionari internazionali: prevista una mostra di oggetti personali delle vittime

Il presidente italiano Sergio Mattarella ha definito la strage «un emblema degli orrori nazionalisti e un monito per la pace», sottolineando «la responsabilità collettiva della comunità internazionale nel prevenire atrocità e combattere l’odio».

In Germania, il Bundestag ha sospeso i lavori per commemorare le vittime, riconoscendo il genocidio come il peggior crimine di guerra in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, sottolineando il fallimento delle Nazioni Unite nel proteggere la popolazione. Anche Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ribadisce l’impegno dell’UE a «non dimenticare il genocidio e a sostenere la Bosnia nel suo percorso di adesione, condannando negazionismo e glorificazione dei criminali di guerra».

La presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini, ricorda il ruolo fondamentale del diritto internazionale per la giustizia e la prevenzione dei conflitti e richiama l’attenzione «sull’importanza della memoria e della riconciliazione come strumenti contro il nazionalismo esasperato».