Diplomazie al lavoro, a Roma come a Bari, per disinnescare la mina che minaccia il centrosinistra pugliese: il braccio di ferro tra Michele Emiliano e Antonio Decaro.
L’ex sindaco di Bari e candidato governatore in pectore del campo largo ha tracciato una linea netta: nessuna candidatura se sulla sua strada troverà Emiliano e Vendola nelle liste. Un aut aut che con il passare dei giorni si è fatto ultimatum, alimentato dalla rigidità del governatore uscente, deciso a correre per un posto da consigliere regionale e a non arretrare di un passo.
Il nodo è finito sul tavolo della segreteria nazionale del Pd. Nella prossima settimana la questione sarà trattata a Roma insieme a quella delle altre regioni al voto. Si pensa ad una mediazione per evitare che la contesa personale si trasformi in frattura politica. La spinta arriva soprattutto da Giuseppe Conte e Carlo Calenda.
La via d’uscita, già evocata nei mesi scorsi, prevede un incarico “pesante” per Emiliano: commissario straordinario per la decarbonizzazione dell’ex Ilva, nomina in capo al ministro Urso. Una soluzione da 240 mila euro annui, concepita sull’asse Bruxelles fra Decaro e Fitto, che garantirebbe ad Emiliano un ruolo nazionale di prestigio e un ponte sicuro verso il Parlamento nel 2027. Con un obiettivo di peso: guidare la riconversione ambientale dell’acciaieria, appena rilanciata dall’accordo di programma firmato a Roma.
Emiliano ha già rifiutato quella strada in passato, giudicandola impraticabile. Oggi, nonostante il quadro mutato, resta irremovibile sulla candidatura. Ma per Decaro resta l’unico spiraglio.