La Procura generale di Bologna ha chiesto l’ergastolo per i familiari di Saman Abbas, la 18enne di origini pachistane e residente a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, uccisa nella primavera del 2021, dopo aver rifiutato un matrimonio forzato.
I familiari per cui è stato chiesto l’ergastolo sono i genitori, lo zio e i due cugini. In primo grado, i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, erano già stati condannati al carcere a vita, lo zio Danish Hasnain a 14 anni, mentre i due cugini Ikram Ijaz e Nomanoulaq Nomanoulaq erano stati assolti e liberati. L’accusa, a Bologna, in queste ore avrebbe sostenuto la sussistenza dei reati di omicidio e di soppressione di cadavere con le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili.
Il fratello di Saman «dice la verità sulle questioni fondamentali, non si è mai contraddetto e non aveva nessun interesse a deporre contro i suoi familiari». Così la pg in Corte d’Assise d’Appello a Bologna, nel processo contro i cinque familiari della 18enne pakistana Saman Abbas, uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara (Reggio Emilia).
Secondo la Procura generale, la testimonianza del fratello 21enne della giovane è attendibile, diversamente da quanto giudicato dalla sentenza di primo grado. «L’esclusione della premeditazione – spiega Marzocchi – ha attribuito al fratello di Saman un ruolo che non merita, cioè l’autore dell’innesco della lite da cui si sviluppa l’intento omicidiario.
A noi non pare possibile che il fratello minore, 16enne, abbia avuto un ruolo consapevole in questa vicenda. Pensiamo – ha detto ancora la rappresentante dell’accusa – all’effetto devastante che ha avuto nella sua vita questa storia. I genitori lo hanno sacrificato, abbandonato in Italia e gli hanno comunicato solo dopo l’intenzione di lasciarlo con lo zio, dal quale venne costretto a una fuga da clandestino».
In più «tutti lo perseguitano, gli chiedono di raccontare, aggiustare, pretendono racconti che la sorella vive da qualche parte, di coprire le responsabilità, di scegliere tra una condanna per sé o dire la verità e incastrarli. Gli e’ stato chiesto di immolarsi: un atteggiamento che non si può pretendere da nessuno, lui prima ha cercato di sottrarsi, poi ha deciso di raccontare quello che sapeva».
«Le sue dichiarazioni – insiste la pg – collimano con gli elementi emersi nel processo». Nel procedimento d’Appello, oltre ai genitori di Saman, condannati all’ergastolo in primo grado, sono imputati lo zio Danish Hasnain, condannato a 14 anni, e i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, che in primo grado sono stati assolti, quindi al momento sono liberi.