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Gaza, il monito di Mattarella: «Disumano affamare una popolazione. La pace non va solo invocata»

Un appello netto, inequivocabile, che risuona forte nel Salone dei Corazzieri del Quirinale, alla vigilia della Festa della Repubblica. Il presidente Sergio Mattarella, davanti al corpo diplomatico accreditato in Italia, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha scelto di concentrare il cuore del suo discorso sull’emergenza umanitaria in…
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(AP Photo/Jehad Alshrafi - LaPresse)

Un appello netto, inequivocabile, che risuona forte nel Salone dei Corazzieri del Quirinale, alla vigilia della Festa della Repubblica. Il presidente Sergio Mattarella, davanti al corpo diplomatico accreditato in Italia, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha scelto di concentrare il cuore del suo discorso sull’emergenza umanitaria in Medio Oriente, chiedendo con forza uno stop immediato alle operazioni militari israeliane a Gaza.

Il discorso

«È inaccettabile il rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario nei confronti dei cittadini di Gaza. Si impone, subito, il cessate il fuoco», ha dichiarato Mattarella, abbandonando i consueti toni istituzionali per una condanna più diretta e severa. Ma il Capo dello Stato è andato oltre, accusando apertamente l’esercito israeliano di ostacolare l’accesso degli organismi internazionali nella Striscia: «È indispensabile che l’esercito israeliano renda accessibili i territori alla piena assistenza umanitaria. Che venga ridotta alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani, è disumano». Parole dure che riflettono una crescente preoccupazione per l’escalation del conflitto in Medio Oriente e per le sue conseguenze sul piano dei diritti umani. «È grave l’erosione di territori attribuiti all’Autorità Nazionale Palestinese», ha aggiunto Mattarella, riaffermando con chiarezza che «i palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi». Il presidente non ne fa solo una questione morale, ma anche strategica: «La sicurezza di Israele – elemento imprescindibile – appare gravemente minacciata dalla semina di sofferenza e di rancore prodotta da quanto sta accadendo». Per Mattarella, la violenza non rafforza la sicurezza, ma genera solo instabilità e odio. Non a caso ha voluto sottolineare anche il pericolo rappresentato dal ritorno dell’antisemitismo nel mondo, che giudica con «alta preoccupazione».

La crisi globale

In un passaggio centrale del suo discorso, il Capo dello Stato ha poi lanciato un monito più ampio, che riguarda tutte le crisi globali, dal conflitto russo-ucraino fino alle tensioni in Asia e Africa: «L’occupazione illegale dei territori di un altro Paese non può essere presentata come misura di sicurezza. Si rischia di inoltrarsi sul terreno della volontà di dominio, della barbarie nella vita internazionale». E ancora, un richiamo profondo alla responsabilità collettiva: «La pace non è un’utopia per ingenui», ha detto. «È esperienza concreta costruita da statisti lungimiranti. Occorre proseguirne l’opera. Non ci si deve – e non ci si può – limitare a evocarla». L’obiettivo, ha spiegato, è quello di far prevalere «la leale collaborazione internazionale, la convivenza pacifica, il dialogo», per restituire al mondo un futuro di serenità, soprattutto alle giovani generazioni.

Il ricordo del passato

Anche nella lettera indirizzata ai prefetti per le celebrazioni del 2 giugno, Mattarella ha richiamato all’unità, ricordando come la Repubblica sia nata «dalla lotta di Liberazione dal nazifascismo» e dalla partecipazione – per la prima volta – delle donne al voto. «Le celebrazioni siano occasione di concordia intorno ai valori della Repubblica», ha scritto, mentre il clima pubblico è ancora segnato da tensioni, insulti e minacce – anche nei confronti dei figli di Meloni e Salvini – che corrono sui social. Il presidente ha concluso il suo intervento evocando il senso profondo della ricorrenza: «Il 2 giugno 1946 segnò il patto tra popolo e istituzioni», fondato su «libertà, democrazia e solidarietà». Una lezione, quella della storia, che oggi più che mai – ha sottolineato – deve tornare a ispirare le scelte politiche e morali della comunità internazionale.

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