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Ex Ilva, Emiliano chiarisce: «Non si dica che la Puglia non collabora. Sì all’accordo ma con le nostre condizioni» – VIDEO

«Questo accordo deve garantire innanzitutto le prerogative della comunità locale e, quindi, sulla necessità o meno della nave rigassificatrice ormeggiata o posizionata bisognerà discutere in modo tale da garantire al massimo la sicurezza e impedire incidenti rilevanti». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, a margine della riunione con le istituzioni e le parti sociali che si è svolta oggi a Bari per discutere le proposte del Governo sull’ex Ilva di Taranto.

«Tutti gli enti locali che teoricamente possono firmare l’accordo di programma, sono favorevoli alla firma», aggiunge Emiliano.

Il governatore pugliese ritiene poi «fondamentale» che l’accordo di programma abbia anche «un aspetto di natura sociale: deve essere consentito alla Regione Puglia di avere delle deroghe sulle assunzioni del personale in sanità». Sarà, dunque, proposto «che l’ospedale Santissima Annunziata, il vecchio ospedale in chiusura, mantenga il pronto soccorso con specifico riferimento proprio al contesto industriale e ai dati epidemiologici legati all’inquinamento e alla particolarità dell’impresa, che sia trasformato in un Irccs, in un istituto di ricerca collegato alle malattie legate all’Ilva e, soprattutto, che ci sia possibilità di gestire gli esuberi in modo da evitare contraccolpi occupazionali», prosegue.

Emiliano poi chiarisce: «Nessuno dica che la Puglia non è disponibile a collaborare col governo o rifiuta in linea di principio di firmare l’accordo che non è così certo. Non può essere l’accordo di programma iniziale, non può essere neanche un accordo di programma che non tuteli la salute e soprattutto i livelli occupazionali. In ogni caso non ci faremo stringere da emergenze artatamente costruite anche laddove il Tribunale di Milano dovesse emettere la sentenza [sull’azione inibitoria, ndr]. La sentenza non è definitiva, non è esecutiva, può essere impugnata e laddove gli accordi dovessero essere successivi anche ad eventuale pronunciamento del Tribunale di Milano, il Tribunale di Milano potrà tenerne conto in sede di appello. Quindi non ci sono situazioni che ci inducono a una emergenza, certo non abbiamo tempo, questo lo sappiamo perfettamente dovremo evidentemente chiudere questa vicenda prima della pausa estiva», sottolinea.

«Abbiamo fatto un calcolo credo corretto – prosegue Emiliano – anche laddove i tre forni a ciclo integrale, cioè quelli che devono essere chiusi, dovessero produrre al massimo delle loro possibilità, non si arriva neanche a 4 milioni, 4,2 milioni di tonnellate. Quindi vuol dire che l’azienda sta chiedendo una Aia a 6 milioni che, così come calcolata, raddoppia i tempi della decarbonizzazione. Siamo dell’idea che, con pretese meno ambiziose – conclude – si possano dimezzare i tempi della decarbonizzazione. Quindi non al 2039 ma completarla entro 6 anni al massimo. Questo consentirebbe alla comunità locale di essere maggiormente rassicurata».

Tornando alla nave rigassificatrice, Emiliano sottolinea poi che attraccata al porto di Taranto «è un colpo durissimo. Se proprio dovesse essere necessaria – aggiunge – sicuramente dovrà stare a distanza come quella di Ravenna».

Il governatore pugliese chiarisce che «non abbiamo escluso che per la fase iniziale in cui è necessario il gas sia sufficiente il gas on shore, cioè quello disponibile già a terra da parte di Snam o da parte di Tap».

Emiliano evidenzia, poi, che «stiamo precostituendo gli elementi che potrebbero favorire l’individuazione di un investitore che ad oggi non c’è. Tutti i soggetti precisano al governo che laddove l’investitore non si trovi, anche a causa del fatto che questa fabbrica potrebbe essere considerata negli investimenti necessari dentro l’aumento della spesa militare al 5% già promessa dal governo Meloni, è evidente che dentro un ambito di necessità strategica legata all’aumento della spesa militare la fabbrica potrebbe essere oggetto anche di deroga delle normative europee che impediscono gli aiuti di Stato. Quindi si potrebbe procedere, sia pure temporaneamente, a una nazionalizzazione che ci consente anche di produrre in perdita all’inizio, cosa che peraltro è avvenuta sempre in questi anni, però in capo allo Stato e questo ci metterebbe nelle condizioni di non trattare sul mercato in maniera eccessivamente debole».

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