L’ombra di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea si fa sempre più concreta. La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha lanciato un monito chiaro durante un intervento al Parlamento europeo: «Se Washington decidesse di imporre dazi del 25% sulle importazioni europee, la crescita dell’Eurozona subirebbe una frenata di 0,3 punti percentuali nel primo anno».
Una reazione speculare da parte dell’UE, con l’introduzione di tariffe sui prodotti statunitensi, potrebbe amplificare il contraccolpo economico, portando la contrazione fino a 0,5 punti percentuali. L’incertezza economica che ne deriverebbe avrebbe conseguenze dirette sull’inflazione.
L’aumento dell’inflazione
Nel breve termine, l’aumento delle tariffe doganali e l’inevitabile indebolimento dell’euro, dovuto alla minore domanda statunitense di prodotti europei, potrebbero generare un’impennata dell’inflazione di circa 0,5 punti percentuali. Tuttavia, Lagarde ha sottolineato che questo effetto sarebbe temporaneo e si attenuerebbe nel medio termine a causa della ridotta attività economica, che smorzerebbe le pressioni inflazionistiche.
Di fronte a questo scenario, la presidente della BCE ha ribadito la necessità di una maggiore integrazione commerciale, non solo all’interno dell’Unione Europea ma anche con il resto del mondo. Secondo Lagarde, la globalizzazione e gli accordi di libero scambio hanno rappresentato un motore fondamentale per la crescita economica e possono fungere da barriera contro le misure protezionistiche. Chi sceglierà l’isolazionismo, rischierebbe, insomma, di pagare il prezzo più alto.
Rimandati i dazi europei
Nel frattempo, l’Unione Europea ha deciso di posticipare di due settimane l’entrata in vigore del primo pacchetto di dazi sulle esportazioni statunitensi, spostandolo al 12 aprile. Questa mossa, secondo il portavoce della Commissione Europea Olof Gill, mira a concedere più tempo per una possibile intesa con Washington. Bruxelles, tuttavia, è pronta a reagire con misure di ritorsione fino a 26 miliardi di euro, qualora i negoziati non portassero a un compromesso.
Le conseguenze in Italia
Le conseguenze di questa tensione commerciale si farebbero sentire anche in Italia, con possibili ripercussioni negative sull’export, una delle colonne portanti dell’economia nazionale. Secondo i dati Istat, nel 2024 l’export italiano verso gli Stati Uniti ha rappresentato circa il 10% delle esportazioni totali del Paese, per un valore superiore ai 60 miliardi di euro.
Settori chiave come il lusso, la meccanica di precisione, l’automotive e l’agroalimentare potrebbero subire contraccolpi significativi in caso di aumento delle tariffe doganali. L’export del Made in Italy, infatti, è cresciuto stabilmente negli ultimi anni, con gli Stati Uniti che si confermano uno dei principali mercati di sbocco per le imprese italiane.