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Bari, atleta di basket 14enne muore in ospedale: la famiglia chiede giustizia

Una tragedia scuote la comunità barese e riapre il dibattito sulla sicurezza negli ospedali. Domenico, 14 anni, ragazzo sano e atleta di basket agonistico, è morto al Policlinico, vittima di una sospetta dissezione aortica che non sarebbe stata diagnosticata in tempo. A raccontare l’accaduto è la madre denunciando ritardi e gravi criticità nel pronto soccorso.…
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Una tragedia scuote la comunità barese e riapre il dibattito sulla sicurezza negli ospedali. Domenico, 14 anni, ragazzo sano e atleta di basket agonistico, è morto al Policlinico, vittima di una sospetta dissezione aortica che non sarebbe stata diagnosticata in tempo.

A raccontare l’accaduto è la madre denunciando ritardi e gravi criticità nel pronto soccorso. Secondo quanto riportato dalla donna, il ragazzo si è svegliato quella mattina con un forte dolore alla schiena. «Era un leone in gabbia», scrive la mamma, «nonostante i farmaci che il medico curante mi diceva di dargli. Non poteva sedersi, sdraiarsi e camminava avanti e indietro».

Preoccupata, la madre lo porta immediatamente al Pronto Soccorso del San Paolo intorno all’ora di pranzo. All’arrivo in ospedale, Domenico viene sottoposto a prelievo ed ecocardiogramma, ma durante le prime procedure sviene. Viene chiamata una cardiologa che, osservando gli esami, definisce la situazione «una piccola pericardite con lieve versamento pleurico».

Domenico continua, però, a lamentare, questa volta di un dolore toracico intenso. Nonostante le proteste del ragazzo, la cardiologa lo rassicura, sostenendo che non fosse nulla di grave e che il dolore sarebbe passato. La madre racconta che questa condizione dura per circa un’ora e mezza, finché Domenico smette di rispondere e non parla più.

Solo allora viene deciso di eseguire una TAC, ma ormai è troppo tardi: il ragazzo entra in arresto cardiaco. Secondo la testimonianza, una dottoressa parla di una sospetta dissezione aortica e indica la necessità di trasferire il paziente.

La fase successiva, come racconta la madre, è segnata da confusione e disorganizzazione: «Quando siamo arrivati al Policlinico, non c’era nessuno ad attenderci. Non si sapeva dove fosse la sala operatoria, ho dovuto urlare al vigilante. I medici mentre tentavano la rianimazione andavano da una parte all’altra per capire a che piano andare». Domenico viene infine portato in sala operatoria, dove un medico constata solo il decesso del ragazzo. La donna denuncia che il figlio non avrebbe atteso sei ore in pronto soccorso, ma circa un’ora e mezza in sala rossa, in attesa di una TAC decisiva che sarebbe arrivata troppo tardi. «La nostra sanità è da incubo», conclude la madre, «mio figlio era sano, un ragazzo pieno di vita, eppure è morto perché nessuno ha riconosciuto in tempo la gravità della situazione».

L’episodio ha suscitato sconcerto e dolore nella comunità locale, riaccendendo l’attenzione sulle criticità della gestione delle emergenze pediatriche e sulla necessità di protocolli più rapidi e efficaci per identificare casi urgenti di patologie cardiache gravi nei giovani. La famiglia chiede ora chiarezza e risposte sul comportamento del personale ospedaliero e sulla tempistica degli interventi.

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