«Lo screening per il tumore del colon-retto è un’opportunità concreta di salute, spesso sottovalutata», lasciano poco spazio a dubbi le parole di Alessandro Azzarone, responsabile dell’unità operativa di screening per il colon-retto.
Chi sono i destinatari dello screening?
«La fascia di età standard, indicata dal Ministero e adottata in tutta Italia, va dai 50 ai 69 anni. In alcune regioni si sta iniziando ad allargare questa soglia fino ai 75 anni. In Puglia ci stiamo muovendo in questa direzione, ma per ora la fascia di riferimento resta quella definita dal programma nazionale».
In che modo lo screening può “prevenire” e non solo diagnosticare?
«Nel caso del tumore del colon-retto, l’esame può rilevare la presenza di polipi, che sono lesioni precancerose. Se vengono individuati e rimossi in tempo, il tumore non compare nemmeno. Non si tratta solo di una diagnosi precoce, ma di una vera e propria prevenzione primaria».
Eppure la partecipazione resta bassa. È un problema culturale?
«Anche. L’esame, in alcuni casi, può sembrare fastidioso o imbarazzante. Non è un’ecografia. Ma oggi la colonscopia viene eseguita in sedazione, nella stragrande maggioranza dei casi non si avverte nulla. Solo in situazioni particolari, come i colon più tortuosi o in caso di esami più lunghi, può risultare più impegnativa. Ma si tratta sempre di un esame sicuro, che può letteralmente salvare la vita».
In cosa consiste questo primo test?
«È un esame non invasivo e sicuro. Basta raccogliere un piccolo campione di feci e portarlo in farmacia. Il sistema è stato strutturato in modo capillare: ogni Asl ha un laboratorio centralizzato, e le farmacie sono coinvolte come punto di distribuzione e raccolta dei kit. Il cittadino riceve una lettera, ha 15 giorni per andare in farmacia, riceve la provetta con istruzioni, e ha altre due settimane per riconsegnare il campione».
Una macchina ben organizzata, ma complessa.
«Esatto. Per il cittadino è semplice, ma dietro c’è un’organizzazione articolata che coinvolge farmacie, corrieri, laboratori, e un sistema gestionale regionale. Questa piattaforma analizza i dati, individua i positivi e trasmette i risultati alle segreterie dello screening».
Cosa accade se il test risulta positivo?
«Non bisogna allarmarsi: un test positivo non significa automaticamente la presenza di un tumore. I soggetti vengono contattati da un operatore sanitario che li informa, li tranquillizza e propone un esame di approfondimento, ovvero la colonscopia».
Qual è il messaggio più importante da trasmettere?
«Lo screening salva la vita. Anche se può apparire fastidioso, il beneficio è immenso. Il tumore del colon-retto è subdolo, ma prevenibile. E farlo significa evitare non solo la malattia, ma anche un percorso difficile e doloroso. Partecipare è un atto di cura verso se stessi e verso i propri cari. Per questo, l’informazione, la fiducia nei professionisti e un pizzico di coraggio possono fare la differenza tra una diagnosi tardiva e una vita salvata in tempo».