Mensa a Matera, la cucina è abusiva: «Deve essere sospesa»

Assenza di conformità urbanistico-edile dell’immobile indicato da Vivenda S.p.A. come centro cottura, nell’ambito della procedura per l’affidamento del servizio di mensa scolastica nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado del Comune di Matera.
È quanto avanzato nel ricorso amministrativo presentato al competente organo giudiziaria da Ladisa S.r.l. che, alla luce di quanto esposto nel ricorso stesso, chiede l’immediata sospensione dell’attività esercitata da Vivenda S.p.A. all’interno del centro cottura “Monastero di S. Maria di Picciano”, ubicato a La Martella Borgo Picciano di Matera. La motivazione: é «abusiva, in quanto esercitata in difetto dei requisiti richiesti dalla lex specialis, nonché dalla normativa vigente».

A tale proposito, sulla base della documentazione prodotta da Vivenda S.p.A. nell’offerta tecnica relativa alla procedura di gara, Ladisa s.r.l. aveva conferito all’architetto Scarongella l’incarico di valutare la sussistenza dei requisiti amministrativo-urbanistici del centro cottura e la distanza del medesimo dalla sede Municipale di Matera. La valutazione è stata eseguita dal professionista sulla scorta di una ricerca documentale svolta presso il portale SUDE (Sportello Unico per l’edilizia) del Comune di Matera e, per quel che concerne il solo requisito della distanza, a mezzo “Google Maps”.

Al termine delle valutazioni eseguite, il professionista incaricato ha concluso che l’attività (artigianale-industriale), per la quale è configurato il centro cottura, non è contemplata nelle attività previste nella classificazione degli usi degli edifici. Oltremodo, sempre per il professionista, non è possibile equiparare un’attività artigianale-industriale con un’altra di ristoro, l’unica ammissibile nella classificazione degli usi degli edifici stanziati sull’area in questione. Tesi, quest’ultima, che troverebbe conferma nel fatto che il centro cottura produrrà ben oltre 1700 pasti al giorno da veicolare presso i terminali di arrivo laddove, per contro, un’attività di ristoro prevede la produzione e il consumo in loco delle pietanze.

Inoltre, sottolinea sempre il professionista, la destinazione d’uso catastale originaria dell’immobile è di tipo B/1 (collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, seminari, conventi, ospizi e caserme, tutte strutture di carattere collettivo); di conseguenza risulta di dubbio accomodamento l’interpretazione di installarvi un centro cottura per pasti veicolati. Ed ancora, a parere dell’architetto se da un lato è possibile dare ospitalità nella foresteria interna, dall’altro non è possibile produrre pasti da trasportare fuori dal sito di produzione, ovverosia dal convento. Prova ne sia la circostanza per cui risultano rilasciati per il complesso conventuale, nell’ambito di Matera 2019, permessi in deroga per attività collegate aventi fini caritatevoli.

Nella perizia elaborata, il professionista incaricato sottolinea tra l’altro, che l’attività di centro cottura in oggetto risulta comunque in contrasto con quanto autorizzato dagli Enti competenti e che nulla ha a che vedere con attività conventuali di tipo caritatevole. In ragione del fatto che essa si sostanzia in un’attività artigianale-industriale con l’obiettivo di produrre beni per percepire un “congruo profitto”. Con riferimento al requisito della distanza, il consulente tecnico ha specificato, inoltre, che la distanza indicata è errata e non veritiera: il percorso effettivo indicato da Vivenda S.p.A. è pari a 15,6 km. Si tratta di una distanza che è in contrasto con quanto richiesto nel “Capitolato d’oneri”.

Ladisa s.r.l. ha anche interpellato l’avvocato Saverio Profeta circa i profili urbanistico-edilizi afferenti all’immobile in questione e in merito alla relativa compatibilità con la destinazione d’uso di centro cottura prospettata nell’offerta tecnica. Esaminando la documentazione fornita alla luce della normativa in vigore e degli arresti giurisprudenziali in materia, il legale ha evidenziato come, in base delle vigenti previsioni dello strumento urbanistico, nel sito interessato sia quindi vietato svolgere l’attività di “centro cottura”, salvo l’espletamento di apposita procedura di variante urbanistica, fermo tuttavia l’assenso dell’ente regionale, della competente Soprintendenza e del competente Consiglio Comunale.

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