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Matera, parla Rossella Tarantino: «È mancata una direzione politica chiara» – L’INTERVISTA

«A Matera si produce ancora cultura, ma non è stata accompagnata. Non si è riusciti nel tempo a costruire una leadership visibile, a causa di un tentennamento politico», a parlare è Rossella Tarantino, oggi componente del Panel di Esperti per la selezione e il monitoraggio delle Capitali Europee della Cultura. La prima italiana che ha…

«A Matera si produce ancora cultura, ma non è stata accompagnata. Non si è riusciti nel tempo a costruire una leadership visibile, a causa di un tentennamento politico», a parlare è Rossella Tarantino, oggi componente del Panel di Esperti per la selezione e il monitoraggio delle Capitali Europee della Cultura. La prima italiana che ha avuto questo ruolo che riveste da tre anni.

Dottoressa lei è stata la manager sviluppo e networking della Fondazione Matera-Basilicata 2019, ed è stata la project manager del Comitato che ha preparato la candidatura con cui Matera ha vinto la competizione per il titolo di Capitale della Cultura, dieci anni fa. Che cosa è rimasto?

«Ho scritto lo statuto della Fondazione e il dossier e sono rimasta nell’ente fino al 2022. Rimane di quel lavoro la reputazione, però vede oggi si da’ molta attenzione al concetto del brand, ma senza voler dare ad esso una connotazione negativa, aggiungerei che un brand può consumarsi. La nostra idea, che poi è scritta nel dossier, era quella di un turismo che resta. Chi arriva qui deve sentirsi cittadino temporaneo. Un turista che ha rispetto del territorio e che si pone non nella mera relazione economica, ma che sia parte attiva di uno scambio culturale».

Che cosa volevate fare e non si è fatto?

«La nostra idea era quella di allargare i confini della città, di portarci dentro le cave, i quartieri, come quello della Martella, il quartiere progettato da Adriano Olivetti con l’apporto di intellettuali del calibro di Federico Gorio, Michele Valori, Ludovico Quaroni, Piero Maria Lugli. La nostra idea era di integrare nel viaggio verso la ruralità anche i paesi remoti. Alla Martella abbiamo aperto un teatro, portato Virgilio Sieni. Non solo. In tutto il percorso di eventi programmati non abbiamo pensato di prendere mostre che arrivavano da fuori, dai circuiti più rinomati, sarebbe stato forse anche più semplice. Era il genius loci che ci interessava. Alla Martella l’idea era di aprire le porte di un teatro, che stentava ad essere fruibile. Noi lo abbiamo aperto, la gente si portava la sedia da casa, perché la cultura arriva dal basso e la cultura entrava nelle case. Oggi l’associazione della Martella festeggia i 70 anni di vita, e questo è un successo, ma il teatro è aperto a singhiozzo. La nostra idea di cultura era diversa».

Diversa come?

«La parola partecipazione sembra oggi scontata, ma mi creda a quel tempo non lo era. Noi volevamo dare l’idea della facilità della cultura, farla arrivare anche ai residenti e nel primo tempo ci siamo riusciti, tanta gente si è incuriosita: anziani e studenti hanno scritto una opera lirica, cantanti non professionisti hanno preso parte al coro della Cavalleria Rusticana. Il genius loci di Matera è fatto di tanti capomastri e questo volevamo esaltare, l’identità. Matera è anche i suoi abitanti che a loro volta sono fruitori della sua bellezza. Questo era il concetto. Restano di quella idea tanti semi, tanti volontari, oggi ci sono ancora 200 persone che sono gli ambasciatori della cittadinanza culturale di quel luogo».

Quindi Matera da visitare non solo per la sua bellezza paesaggistica, per i suoi luoghi unici, ma anche per chi la vive.

«Matera come città che produce cultura, come terra dove restare, penso ad artisti che la scelgono come luogo per ispirarsi, a giovani con idee innovative».

Tutto questo oggi non c’è, il turista medio resta uno o due giorni, visita i Sassi, forse neanche entra nei musei.

«È vero. Oggi resta di quel concetto un team di combattenti, ma hanno bisogno di una direzione politica chiara, che non c’è stata».

Lei pensa ancora che tutto questo sia possibile?

«Di fondo sono una ottimista, ma per fare bisogna andare oltre le beghe locali, avere una visione. Personalmente è come se fossi su un elicottero, li vedo dall’esterno».

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