Le piccole e medie imprese del Mezzogiorno pagano l’energia elettrica molto di più delle Pmi del Nord con una differenza abissale che non trova giustificazione plausibile. È la denuncia del presidente di Confapi Matera, Massimo De Salvo, che ha segnalato «l’evidente discriminazione attuata nei confronti del Mezzogiorno con riferimento allo spread che le compagnie elettriche applicano, in aggiunta al Prezzo Unico Nazionale (PUN), sia nel mercato di salvaguardia che nel mercato libero».
Il numero uno di Confapi ha specificato che, come si evince dalla tabella pubblicata da Acquirente Unico SpA, alle Pmi di Basilicata, Puglia e Molise che sono nel mercato di salvaguardia viene applicato uno spread di 179,94 euro a MWh e di 202,41 euro in Sicilia, a fronte di 15,90 euro della Lombardia: «Appare evidente, quindi, non solo il divario spropositato Nord-Sud, ma anche la differenza con i contratti in essere, in cui lo spread è pari a 1 euro (sic)».
A detta di De Salvo le compagnie motivano il divario col fatto che nel Sud il contenzioso è più elevato rispetto al Nord, ma «è palese che tale motivazione non giustifica la differenza enorme tra le due parti del Paese, soprattutto laddove il problema si potrebbe risolvere chiedendo fideiussioni o anticipi. Il Sud è il maggior produttore, in Italia e non solo, di energia alternativa e, pertanto, a costi bassissimi, e ciò rende ancora più paradossale il divario», ha specificato ancora.
Da qui la posizione assunta dal presidente, il quale ha annunciato che sull’emergenza energetica l’Associazione non intende abbassare la guardia: «Intraprenderemo qualsiasi azione tesa a far fronte al caro bollette. Nelle scorse settimane abbiamo avviato il dialogo con la Regione Basilicata per aggiungere il pezzo mancante alla strategia energetica regionale, quello che riguarda le imprese. In queste ore stiamo anche supportando le nostre aziende anche a livello nazionale con misure ad hoc».