Un tuffo lungo tremila anni. Nell’Area marina protetta di Porto Cesareo. Fra le acque che custodiscono le cinque colonne romane in marmo cipollino di Caristos e tra funghi giganteschi, che sono le concrezioni di anfore tripolitane in fosse del fondale, orci dispersi a causa di un naufragio da una nave che sul finire del II secolo dopo Cristo viaggiava forse verso Aquileia o verso Brindisi, o magari in direzione del mar Egeo. Area ricca di testimonianze storiche sommerse, quella che sarà proposta ai visitatori in forza del progetto “UnderwaterMuse”, il cui evento finale, in programma da domani sino a domenica prossima, è stato presentato ieri mattina, in conferenza stampa, a Torre Chianca.
«Un progetto ambizioso perché vuole rendere visibile l’invisibile» e «punta alla restituzione di questo patrimonio ai suoi legittimi proprietari, che sono i cittadini di queste coste, di questi borghi rivieraschi, di questi tratti così suggestivi» ha fatto notare Rita Auriemma, docente di Archeologia subacquea all’Università del Salento e coordinatrice di “UnderwaterMuse”. Progetto, questo, che valorizza il patrimonio archeologico subacqueo di entrambe le sponde dell’Adriatico attraverso la creazione di parchi e sentieri blu.
A Torre Santa Sabina come a Carole, a Grado e nella contea di Spalato. Tale attività, infatti, è finanziata nell’ambito del Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Croazia 2014/2020. Incardinato sulla ricerca ma anche sulla narrazione. E dunque quel che è stato trovato sul fondale marino sarà visitabile direttamente da chi potrà nuotare in quelle limpide acque armato di maschera oppure da chi altrimenti si recherà al museo “Sigismondo Castromediano”, in Lecce, per osservare la mostra fotografica che propone relitti e reperti di quell’area che risulta essere uno scrigno acquatico di Storia.
Nel quale sono custodite ceramiche e stele funerarie dell’età imperiale romana, datate fra il II e il V secolo dopo Cristo, rinvenute fra le piccole penisole di Torre Chianca e Belvedere. Resti di una necropoli. Tombe nella roccia a due metri di profondità, a dimostrazione che la riva fosse più in avanti di quella odierna, comprensiva del vicino isolotto. Di fronte allo Scalo di Furno, che fu abitato dall’età del Bronzo medio a quella del Ferro, si scorgono lastrine di pietra e resti di ceramica e quel che rsta di una muraglia di fortificazione.
Sei blocchi di suggestive concrezioni, a tre metri e mezzo e a quattro metri e mezzo dalla superficie dell’acqua. In quell’area le mareggiate scoprono i resti d’uno scafo risalente all’età bizantina. Lì sé stata ritrovata la statuetta del dio egizio Thoth, ora conservata al Museo archeologico nazionale di Taranto. La mostra sarà fruibile attraverso visori per osservazione tridimensionale. Sabato invece, a Torre Chianca, si svolgerà lo snorkeling, dalle colonne romane alle anfore tripolitane, fino alla necropoli.
E si potrà visitare la mostra archeologica, anche grazie all’applicazione informatica “La nave delle colonne di Porto Cesareo: il viaggio incompiuto”, che consentirà una osservazione in dimensione virtuale. Chi vorrà sapere di più sul progetto “UnderwaterMuse” potrà informarsi seguendo i tanti convegni che in questi tre giorni si svolgeranno al museo “Castromediano”. Fra cui quello intitolato “Stati generali della gestione dal basso del patrimonio subacqueo”, in programma domani alle 14. Insomma, un allettante invito alla bellezza e alla conoscenza è stato proposto dall’Area marina protetta di Porto Cesareo, in collaborazione con l’Università del Salento e con l’amministrazione comunale cesarina. Teso anche a sensibilizzare la gente alla corretta convivenza con la natura. In conferenza stampa, infatti, Luigi De Luca sottolineato ha osservato Luigi De Luca, responsabile della Cooperazione territoriale europea e dei poli biblio-museali della Regione Puglia: «L’archeologia subacquea è importante per un turismo rispettoso dell’ambiente».