Sono iniziate all’alba le perquisizioni in Puglia e Piemonte nell’ambito di un’operazione dei carabinieri del Noe di Torino, intervenuti stamattina nelle province di Torino e Lecce. Al centro dell’indagine terre e rocce inquinate da metalli pesanti e amianto, ma “pulite” con analisi false e anche riutilizzate in bonifiche. Stando ali elementi raccolti, otto indagati, sei società e due persone fisiche, hanno messo in piedi un sistema di falsificazione di documentazione ambientale relativa ad analisi chimiche su terre e rocce da scavo contaminate per qualificarle come sottoprodotti, eludendo la normativa sui rifiuti.
I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico hanno avviato le indagini a dicembre 2024, portando alla l’esistenza di un collaudato sistema illegale nel quale ditte operanti nel settore edile e del movimento terra nella provincia di Torino, d’accordo con un consulente ambientale e con laboratori di analisi compiacenti tra Piemonte e Puglia, hanno gestito in modo illecito ingenti quantitativi di rifiuti speciali. Il Noe si è avvalso anche di comunicazioni di notizie di reato redatte dall’Arpa Piemonte nelle quali si rilevavano analoghi casi che facevano capo agli attuali indagati nel 2017.
Questi hanno fatto sistematicamente uso di rapporti di prova alterati o non autentici apparentemente emessi da laboratori di analisi accreditati per attestare la conformità di terre e rocce da scavo per i valori di concentrazione di soglia di contaminazione previsti dalla normativa sui rifiuti. Alcuni rapporti falsificati sono stati utilizzati anche in pratiche di risanamento ambientale riguardante terreni agricoli. I valori chimici relativi alla presenza di nichel, cromo, idrocarburi pesanti e amianto venivano alterati per far apparire le terre e le rocce da scavo non contaminate in modo che potessero essere riutilizzate e non trattate come rifiuti speciali.
Il decreto di perquisizione emesso dalla procura di Torino riguarda sei persone giuridiche tra società di gestione rifiuti, consulenza ambientale e laboratori analisi, e due persone fisiche, cioè l’amministratore di uno studio di consulenza ambientale e un tecnico di laboratorio. Questi devono rispondere di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, violazione degli obblighi di comunicazione e registrazione, oltre a falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.