Albano Galati, il 57enne che lo scorso marzo ha ucciso la moglie con 29 coltellate a Taurisano (Lecce), è stato aggredito da un gruppo di detenuti nel carcere di Taranto, dove era stato da poco trasferito. L’aggressione, avvenuta una settimana fa ma resa nota solo oggi, sarebbe stata una sorta di «spedizione punitiva» anticipata da minacce che invitavano Galati a lasciare l’istituto perché «non gradito».
L’uomo, che si trovava in una sezione per detenuti comuni, ha riportato gravi traumi al volto e contusioni su tutto il corpo, con difficoltà di deambulazione e respirazione. I suoi legali, Luca Puce e Davide Micaletto, hanno espresso «allibimento e amarezza» per l’episodio, che «poteva e doveva essere prevenuto».
I legali hanno annunciato che chiederanno approfondimenti al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e al ministro della Giustizia Nordio, sottolineando «l’inaudita gravità» dell’aggressione e le «evidenti responsabilità gestionali» che essa implica. Il processo a carico di Galati per l’omicidio della moglie non è ancora iniziato. Dopo l’aggressione, è stato trasferito in un’altra sezione del carcere.