SEZIONI
SEZIONI
Bari
Sfoglia il giornale di oggiAbbonati

Pretore di ferro in pensione non molla l’impegno civico

Dopo 42 anni da magistrato, con una breve parentesi nel ‘94 come candidato al Parlamento nella lista dei “Verdi” (che gli comportò poi il trasferimento a Pescara, nella sede distaccata della pretura di San Valentino, competente per i parchi nazionali del Gran Sasso e della Maiella, dove ha scritto sentenze innovative in tema di aree…
l'edicola

Dopo 42 anni da magistrato, con una breve parentesi nel ‘94 come candidato al Parlamento nella lista dei “Verdi” (che gli comportò poi il trasferimento a Pescara, nella sede distaccata della pretura di San Valentino, competente per i parchi nazionali del Gran Sasso e della Maiella, dove ha scritto sentenze innovative in tema di aree protette), l’Avvocato generale presso la Corte d’Appello di Lecce Ennio Cillo, si è accomiatato nei giorni scorsi da colleghi, avvocati e personale amministrativo salutandoli con l’inconfondibile sorriso e il consueto e anticonformistico maglione color rosso.

Settant’anni, che nemmeno dimostra, è sempre stato in prima linea in difesa dell’ambiente, distinguendosi in particolare nella lotta all’inquinamento e all’abusivismo edilizio. Da giovane pretore al primo incarico a Otranto, nei primi anni ‘80 ha ereditato l’impegno del predecessore Alberto Maritati (poi senatore della Repubblica) nella tutela del mare e delle coste, combattendo in particolare il grave fenomeno dello scarico delle acque di lavaggio delle petroliere in transito nell’Adriatico, a sostituto procuratore, prima presso la Pretura circondariale e poi alla Procura generale di Lecce, quindi procuratore aggiunto assieme a Cataldo Motta (poi procuratore capo), ha concluso la carriera da numero due della Procura generale, che, com’è noto, esercita la giurisdizione oltre che su Lecce, anche sui circondari di Brindisi e sulla sezione distaccata di Taranto, ed è altresì competente nei processi che vedono coinvolti magistrati di Bari e Foggia.
Da “procuratore aggiunto”, è stata sua, l’istituzione di un apposito registro su cui caricare le sentenze con demolizione o confisca di immobili abusivi, facendo sì che nessuno potesse sfuggire alle maglie della giustizia: tale “progetto-pilota” è stato poi adottato da numerosi altri uffici giudiziari italiani. E se il condannato non vi provvedeva spontaneamente, la Procura ha proceduto alle demolizioni in diverse località turistiche interessate dal fenomeno dell’abusivismo, tra cui Casalabate, Melendugno, Porto Cesareo, Otranto e Gallipoli. E perché non andassero perdute le esperienze acquisite sul campo, la Regione Puglia stipulò col Ministero della Giustizia un protocollo che consentisse il passaggio negli uffici giudiziari del personale regionale che aveva curato le procedure di demolizione. Dal 1999 al 2000 è stato Consigliere presso l’Ufficio legislativo del ministero dell’Ambiente.
Proprio l’ultimo suo giorno da Avvocato generale, mentre in tanti lo attendevano per salutarlo ufficialmente, Cillo era intento a depositare un ennesimo ricorso in Cassazione, guarda caso, proprio contro un provvedimento in materia paesaggistica a tutela della “macchia mediterranea”.
Cosa ripeterebbe volentieri della sua passata esperienza lavorativa?
«Credo fosse giusta l’intuizione di difendere l’ambiente come diritto fondamentale: tutti gli interventi più significativi a tutela delle coste, degli habitat e messa a rischio dei Laghi “Alimini” li ho effettuati applicando il delitto di danneggiamento aggravato, non di beni privati, ma della pubblica fruibilità del paesaggio. Devo dire, con soddisfazione, che la recente modifica della Costituzione ha riconosciuto proprio l’importanza e la prevalenza dell’ambiente da tutelare a favore delle future generazioni. La legge numero 22 del marzo scorso ha poi specificatamente confermato come grave delitto il danneggiamento dei beni paesaggistici.
Qualche cruccio per qualcosa d’irrisolto o rimasto in sospeso?
«La complessità della tutela ambientale è tale che certamente non tutti gli interventi di tutela sono andati a buon fine. E d’altra parte non è con l’intervento del solo magistrato, ma con la partecipazione di tutta la società civile, che può essere difeso il patrimonio di tutti».
Qual è il suo pensiero a proposito della Riforma Cartabia, e in particolare in materia di separazione delle carriere dei magistrati?
«Sono stato, in particolare come pretore, sia inquirente che giudicante: ritengo utili entrambe le esperienze nella formazione del magistrato. E sono orgoglioso, da pubblico ministero, di aver fatto alcuni appelli a favore di imputati che ritenevo condannati ingiustamente, o con pene eccessive, e che poi sono stati assolti. Il nostro impegno è quello di garantire i diritti di tutti».
Cosa si sente di raccomandare ai giovani colleghi?
«L’indicazione che darei loro è di non guardare ai processi come pratiche da definire, ma come occasione anche impegnativa per tutelare i diritti: dico questo non perché non creda nella sensibilità dei colleghi, ma perché le riforme che si vanno profilando sembrano sollecitare la produttività, senza tenere conto del tempo necessario, proprio per i processi più delicati.
E ora, da magistrato di Cassazione in pensione, cosa farà da “grande”?
«Continuerò nell’impegno nella società civile, per la tutela dei diritti civili, della pace e dell’ambiente, anche perché senza una convivenza pacifica e civile non c’è futuro».

CORRELATI

Lascia un commento

Bentornato,
accedi al tuo account

Registrati

Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!