In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra oggi, Filomena D’Antini, consigliera nazionale di Parità, rinnova il suo impegno per combattere tutte le forme di discriminazione di genere.
Consigliera, cosa si può fare per vincere una delle sfide sociali più urgenti della nostra società?
«Bisogna incidere sulle denunce ancora molto basse. Abbiamo verificato che, durante la pandemia, molte donne si sono rivolte al 1522 ma poi non hanno denunciato e molte non hanno denunciato perché inoccupate e in stato di povertà economica. L’Italia, purtroppo, si colloca tra gli ultimi posti in Europa se si guarda all’occupazione femminile e l’autonomia economica delle donne è un tema cruciale dal quale partire se si vuole rendere le donne libere. Secondo i dati delle principali organizzazioni internazionali, una donna su tre subisce, almeno una volta nella vita, abusi fisici o sessuali. In Italia, ogni anno, centinaia di donne sono vittime di violenza, molte delle quali non riescono a denunciare, restando intrappolate in una spirale di paura e solitudine».
Il fenomeno emerge evidente anche dalle relazioni nelle quali le consigliere di parità riassumono annualmente la loro attività sui territori. Quante persone si sono rivolte a voi?
«Nel 2023 sono state 2380 le persone che si sono rivolte a noi per denunciare casi di discriminazione, il 42% dei quali si sono rivelati effettivi casi di discriminazione di genere sul lavoro che le consigliere hanno preso in carico. L’81% dei casi segnalati è rappresentato da donne che hanno problemi di conciliazione e orario di lavoro, seguiti da quelli connessi a maternità e, per l’appunto, a molestie anche di natura sessuale. Questa giornata non è solo un momento di riflessione, ma un’occasione per ricordare che la lotta contro la violenza necessita di un impegno congiunto da parte di istituzioni, associazioni e cittadini per garantire alle donne protezione e giustizia. È fondamentale assicurare alle donne il recupero dell’autonomia dal punto di vista sociale ma soprattutto economico per rendere efficace ogni percorso di fuoriuscita dalla violenza. Attraverso il processo di empowerment, che mira a ristabilire il benessere economico, le donne possono affrancarsi da una condizione familiare critica e riappropriarsi di una piena autonomia sociale, economica e decisionale».