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Cronaca Lecce

Il carcere di Lecce un crogiuolo di criminalità, il sindacato di polizia penitenziaria: «Una discarica umana»

Nel carcere di Borgo San Nicola, affiliati alla criminalità organizzata pugliese sono a stretto contatto con esponenti della criminalità campana, siciliana, calabrese e islamica. «La casa circondariale del capoluogo salentino è una vera e propria discarica umana. I detenuti sono ammassati e in situazione di promiscuità. Una vera e propria bomba ad orologeria. Gli agenti di polizia penitenziaria sono i nuovi schiavi di Stato, lasciati soli in balìa dei detenuti sempre più violenti e sprezzanti delle leggi», denuncia Ruggiero Damato, segretario regionale della Confederazione nazionale polizia penitenziaria e sindacato polizia penitenziaria (Fsa Cnpp-Spp).

Il sovraffollamento

Il carcere di Lecce ospita 1403 detenuti, su una capienza teorica di 798 e una reale di 772. L’indice di sovraffollamento è del 162 per cento che diventa il 167 per cento di sovraffollamento reale (dati ufficiali al 25 marzo. Il sindacalista evidenzia la drammaticità della situazione, con un solo agente che si trova spesso a presidiare interi blocchi da 200 detenuti, mentre i cortili passeggi che richiederebbero dai sei agli otto poliziotti sono presidiati da un solo agente. «La carenza cronica di organico, aggravata dall’età media elevata (50-58 anni) e dalla mancanza di ricambio generazionale, si somma a una gestione distorta dei dati ufficiali che continua a tener conto, tra il personale in servizio, poliziotti assenti da molto tempo perché prossimi al pensionamento», spiega Damato.

I turni

«Le condizioni lavorative sono ai limiti della schiavitù di Stato, considerata l’imposizione di turni da 8, 12,14 e 24 ore consecutive, in violazione delle disposizioni dell’accordo nazionale quadro che prevede il servizio di 6 ore su 4 turni nelle 24 ore e considerata la mancanza di strumenti tecnologici adeguati», sottolinea il sindacalista. Tutto questo, commenta Damato, mette a repentaglio l’incolumità delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria. «Viene meno la sicurezza dell’istituto e di riflesso quella pubblica. La dignità professionale degli agenti di polizia penitenziaria è calpestata, in particolare quella degli assistenti e soprintendenti che sono maggiormente esposti perché lavorano a stretto contatto con i detenuti», evidenzia il segretario regionale.

Le richieste

Il sindacato di polizia penitenziaria si rivolge al governo per chiedere una revisione delle piante organiche, un piano straordinario di assunzioni e tecnologie adeguate. «Chiediamo, soprattutto, una gestione trasparente e condivisa della programmazione dei servizi. Non tolleriamo più lo stato di abbandono in cui si trova da anni la polizia penitenziaria», conclude Damato.

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