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I “nuovi vandali”, l’esperta: «Solitudine emotiva dei ragazzi originata dall’assenza della genitorialità»

Edifici e monumenti storici, muri, fontane, panchine, cestini per la carta e chi più ne ha più ne metta. Qualunque bene pubblico rischia di finire nel mirino dei vandali. O meglio dei nuovi vandali perché, come evidenziano le cronache, a compiere questi gesti indicativi di una totale mancanza di senso civico sono soprattutto i più…
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Edifici e monumenti storici, muri, fontane, panchine, cestini per la carta e chi più ne ha più ne metta. Qualunque bene pubblico rischia di finire nel mirino dei vandali. O meglio dei nuovi vandali perché, come evidenziano le cronache, a compiere questi gesti indicativi di una totale mancanza di senso civico sono soprattutto i più giovani: ragazzini delle scuole medie e adolescenti di qualunque estrazione sociale. Ma cosa c’è a monte del problema? Abbiamo sondato il fenomeno insieme alla psichiatra Mariangela Pascali, direttrice del SerD di Nardò, Copertino e Campi Salentina.

Dottoressa Pascali, cosa spinge i più giovani a compiere atti così gravi?
«Le cause sono rintracciabili nel contesto sociale e nel particolare momento storico. I ragazzi vivono in una condizione di solitudine generale, emotiva innanzitutto, originata dalla mancanza di competenze genitoriali. Gli adulti non hanno più il tempo e la capacità di ascoltare, così i giovani si allontanano sempre di più. In questo periodo di pandemia, che ha accresciuto il senso di isolamento e ha eletto le connessioni quale strumento privilegiato per comunicare, se sono crollate le certezze degli adulti figuriamoci che fine hanno fatto quelle degli adolescenti, che non hanno più punti di riferimento. E come si fa a crescere senza la fiducia del futuro? I ragazzi, che sono i più fragili e deboli, hanno perso la capacità di gestire le frustrazioni e non sono in grado di affrontare la vita dando il giusto peso alle cose e alle situazioni».
In che misura la cultura della violenza, che dilaga sui mass media e in particolare su internet, sta deviando i ragazzi?
«Internet è il canale preferito dei giovani e perciò si concentrano su ciò che attira maggiormente la loro attenzione, quindi sui gesti violenti. Intanto sono cambiati i valori: la violenza è diventata un valore, un sinonimo di forza e onnipotenza, come il denaro. A monte c’è un vuoto culturale e la cultura non deve essere intesa come nozionismo, ma come arricchimento culturale che rimane al fondo delle letture e degli studi e che serve a costruire una visione del mondo più ampia e autentica».
Fino a che punto i gesti vandalici possono essere derubricati come “bravate”? E il fatto che a compierli siano ragazzi molto giovani, può essere considerata un’aggravante?
«Non sono mai bravate: parliamo di azioni gravi ed eclatanti. Gli adulti, con la loro lettura del fenomeno, dimostrano di non saper più dare il giusto peso alle cose. La dobbiamo finire con questo buonismo perché sta distruggendo tutto. Ai ragazzi viene lasciato troppo potere decisionale e ciò è sbagliato dal punto di vista pedagogico. Questi ragazzi che hanno tutto, non sanno più discernere ciò che giusto da ciò che non lo è, e non conoscono il valore del sacrificio, inteso come mezzo per ottenere dei risultati».
Esiste una responsabilità delle famiglie, evidentemente: come possono indirizzare un cambiamento di rotta?
«I primi a dover essere ri-educati sono gli adulti: in un sistema sociale come il nostro non si può più pensare di fare prevenzione solo sui ragazzi. Gli adulti non sanno più fare i genitori, hanno paura di dire “no” e non possono fare gli amici dei propri figli. Devono trovare gli strumenti educativi e trovare la forza di mettere dei divieti. Sono proprio gli adulti a dover crescere».
La scuola in che modo può contribuire?
«La famiglia è il fondamento dell’educazione: non si può delegare alle istituzioni il ruolo genitoriale. I genitori devono insegnare il rispetto delle regole e degli altri, offrendo l’esempio. La scuola deve lavorare su ciò che fa la famiglia, ampliare e irrobustire gli insegnamenti. In questo contesto sociale poi, così liquido e in continua trasformazione, bisogna mantenere delle regole ferme. Ognuno, invece vuole stare seduto al tavolo da gioco, fregandosene delle regole».

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