Non solo botte. Anche insulti razzisti, umiliazioni gratuite, violenza verbale e fisica ripetuta. Una spirale di brutalità avrebbe travolto il 16enne, figlio di genitori tunisini, invalido al cento per cento e affetto da diabete. In una nuova denuncia, la madre del ragazzino, già vittima dell’aggressione da parte di alcuni coetanei nella sala d’attesa della stazione ferroviaria finita al centro delle cronache nazionali, ha raccontato un altro pestaggio che il figlio avrebbe subito, ora finito nel fascicolo già aperto dalla procura dei minori guidata dalla procuratrice Simona Filoni.
L’episodio
Questa volta, il pestaggio si sarebbe consumato in pieno centro, il 12 aprile scorso, all’altezza di piazzetta Santa Chiara. Il 16enne era in compagnia di un amico, anch’egli connazionale. A fermarli, un gruppo di almeno dodici giovani, cinque dei quali già noti per l’aggressione in stazione, tra cui anche uno dei due 13enni coinvolti nel precedente episodio. Gli altri non sarebbero ancora stati identificati.
Secondo quanto riferito in denuncia, l’aggressione sarebbe nata «per il puro piacere di divertirsi», per il gusto crudele di prendersi gioco del ragazzo e del suo amico. L’attacco è iniziato con le offese: «Negri, bastardi, figli di p…, pezzi di m…». Un’escalation di violenza verbale che si è trasformata presto in un pestaggio brutale.
La violenza
Secondo il racconto della mamma del 16enne, i due adolescenti sono stati costretti a seguire il branco in una zona più isolata, vicino ad un liceo. Qui uno degli aggressori si è avventato sul 16enne con una raffica di pugni in pieno volto. L’amico ha cercato di proteggerlo, ma il branco ha avuto il sopravvento.
Le botte, secondo quanto riportato dalla madre, sono andate avanti per almeno mezz’ora, sotto gli occhi degli altri ragazzi che, invece di intervenire, incitavano chi picchiava. Non era la prima volta. Già due mesi prima, lo stesso ragazzo era stato vittima di un’aggressione, ripresa con un telefonino. Anche in quel caso, protagonista una parte dei giovani oggi finiti sotto la lente della procura. Il ripetersi di queste azioni avrebbe spinto il giovane, secondo quanto emerge dagli atti depositati, in un grave stato di prostrazione psicologica, al punto da meditare il suicidio.