«Quando pochi giorni fa, il 20 maggio, abbiamo visto pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Puglia questo aggiornamento del prezzario sui lavori pubblici, siamo saltati tutti istituzionalmente sulla sedia». Basterebbero queste poche parole di Valentino Nicolì, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili di Confindustria Lecce, per comprendere il disappunto degli imprenditori del mattone salentini circa il nuovo listino dei costi delle opere pubbliche licenziato dall’ente regionale. La levata di scudi è stata espressa ieri mattina in conferenza stampa nella sede della Camera di commercio di Lecce. Prezzario tanto atteso, ma non congruo, lamentano gli imprenditori, che speravano in maggiore attenzione verso di loro, dopo la devastante emergenza sanitaria e lo scoppio del conflitto russo-ucraino. E invece i prezzi delle opere pubbliche, che devono essere aggiornati per legge entro ogni 31 dicembre, non riequilibrerebbero la già malata situazione economica dell’Italia. La Regione Puglia ha fissato i costi considerando le rilevazioni percentuali del primo semestre del 2021, senza contare cosa sia accaduto nella successiva metà di quell’anno. Quando cioè sono aumentati i prezzi di molti materiali utili per l’edilizia.
Non solo. Il 12 maggio è stato pubblicato il nuovo decreto del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile che prevede la rilevazione di prezzi basata proprio sul secondo semestre del 2021. Più aderente alla realtà del mercato, quindi. E infatti il costo del ferro acciaio tondo per cemento armato è aumentato del 28,45 per cento, fra i semestri dell’anno scorso. E l’incremento di prezzo del bitume fra gli stessi periodi è stato pari 18,15 per cento. Tegole che si aggiungono alle chiusure di impianti di conglomerato bituminoso e dei cantieri di aziende che hanno stipulato contratti quadro con Anas. «L’aggiornamento era in ritardo dal 2019 » ha sottolineato Nicolì. Non solo. «Arriva – ha osservato il presidente dei costruttori edili salentini – innanzitutto creando di fatto un corto circuito normativo con il decreto Aiuti». Tale provvedimento governativo, infatti, pubblicato il 18 maggio, prevede che la Regione aggiorni nuovamente i prezzi entro il prossimo 31 luglio. Quindi gli imprenditori chiedono la revoca del prezzario appena pubblicato. Che, secondo loro genera confusione. Il decreto Aiuti prevede che i contratti possano essere aggiornati dalle Regioni sino al venti per cento. Quindi, «la confusione – ha spiegato Nicolì – è che le amministrazioni ci rifiutino quel venti per cento che ci è concesso dalla norma, invocando un aggiornamento del prezzario che di fatto arriva dopo il decreto». Sarebbe dunque disatteso quel limite di incremento dei costi imposto dal Governo, che invece aiuterebbe un po’ le imprese, già minacciate da vari fattori. «Il settore ha visto una forte ripresa ma – ha osservato Nicolì – questa poi si è scontrata con tutta una serie di problemi: l’accesso al credito, i trasferimenti dei crediti derivanti dai bonus, caro materiali, carenza di manodopera. Non ultimo la necessità dell’adeguamento dei prezzari».
Dunque, il tariffario della Regione Puglia è spedito al mittente. Gli imprenditori ne chiedono la revoca. «Un prezzario non aggiornato è un danno per l’economia in generale e per le imprese sane in particolare» ha sottolineato Giuseppe Petracca, direttore provinciale di Confederazione italiana della piccola e media industria privata Lecce, il quale ha paventato «il pericolo che il territorio venga invaso da soggetti senza scrupoli», perché «fare delle offerte fuori mercato è qualcosa che un’azienda sana non si può permettere». Luigi Marullo, presidente di Confartigianato imprese Lecce ha toccato un altro dolente tasto:«Le aziende oggi si trovano ad aver eseguito i lavori, ad aver rispettato le leggi dello Stato, hanno il credito nel cassetto fiscale, ma le banche non lo accettano». L’alternativa? «È quella di chiusura: uno scenario veramente preoccupante. Quindi chiediamo alle istituzioni che intervengano in maniera forte». La denuncia di Fernando De Carlo, in rappresentanza della Confederazione nazionale artigianato: «È mancata una cabina di regia: noi, associazioni di categoria, non siamo stati interpellati per la redazione di questo prezzario». Prezzi sfavorevoli, diversamente da altre regioni. Il rischio, si è detto, sono le rescissioni dei contratti e la vanificazione delle gare d’appalto, divenute troppo onerose. L’aumento dei costi delle materie prime, fra cui gas e petrolio, rischia di ammazzare un settore. «Lottiamo con le quotazioni dei materali, come in Borsa» ha lamentato Fernando De Carlo. A rischio anche il Piano nazionale di ripresa e resilienzam perché, ha fatto notare Nicolì, «noi siamo fra i primi attori rispetto a questo programma». Non solo doglianze, ma anche proposte dagli imprenditori salentini per salvare il settore edilizio. E dunque chiedono che si rispetti la scadenza del 31 luglio per l’aggiornamento del prezzario, che sarà basato su una reale analisi del mercato e sulle linee guida del Governo, ancora non emanate. E che le associazioni di categoria contribuiscano alla redazione del listino dei costi.