Infangare e demonizzare l’avversario sembra essere diventato lo strumento di lotta politica più diffuso nel panorama nazionale.
Niente di nuovo sotto il sole, dirà qualcuno. È nell’ordine naturale delle cose, per quanto deprecabile, se avviene tra esponenti di partiti schierati su fronti opposti. È ancora più disgustoso, però, se la macchina del fango viene azionata tra personaggi che hanno condiviso una parte del percorso politico o addirittura per regolare i rapporti di forza all’interno di un partito.
In questo modo, infatti, uno strumento di democrazia come il partito viene ridotto a un “pollaio” nel quale i “galli da combattimento” sono costretti a beccarsi. E a pagarne le conseguenze è la reputazione di persone alle quali i falliti di turno non perdonano il fatto di essere troppo oneste, troppo credibili, troppo abituate a impegnarsi e a raccogliere i frutti del duro lavoro. Troppo perbene, insomma.
Uno scenario, quest’ultimo, che si ripropone ciclicamente a ridosso delle elezioni in tutta Italia. E la Puglia, purtroppo, non fa eccezione.