La fiera delle vanità

C’era una volta la civiltà contadina. Era uno stato dei luoghi, della mente e del cuore che prediligeva l’essere all’avere. Certo era una scelta dettata dalla necessità perché il poco vinceva sull’abbastanza. Ma era una povertà dignitosa, capace di svanire al tocco di un bacio o di una carezza.

Questo vivere è solo un ricordo, ma anche un invito alla semplicità. Ed allora basta ad emulare i più ricchi. Inutile provare ad essere quello che non si è.

Oggi, invece, viviamo una fiera delle vanità. Tutti pensano di poter fare tutto, ma così non è. Tutti vogliono tutto, ma anche questo non è possibile.

Ecco, un ritorno alla civiltà contadina gioverebbe per iniziare a lavorare sulla sottrazione più che sull’addizione. E per sottrazione intendiamo il cominciare a desiderare meno cose, mentre per addizione ci piacerebbe che cominciassimo ad aggiungere nei nostri rapporti familiari e interpersonali più affetto, più gioia e soprattutto più tempo. Magari togliendolo ai telefonini ed ai social.

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