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Tagli ai benefici delle Zone economiche speciali (Zes): prevista la riduzione del 60 per cento del credito d’imposta

Le Zone Logistiche Semplificate (Zls) battono le Zone Economiche Speciale (Zes) 100 a 60. Infatti, con il provvedimento del 12 dicembre, l’Agenzia delle entrate ha reso note le percentuali del credito d’imposta fruibile per gli investimenti realizzati nelle aree Zes e Zls, con la prima che potrà contare su un incentivo ridotto al 60 per…
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Un convegno dedicato alle Zes (foto di repertorio)

Le Zone Logistiche Semplificate (Zls) battono le Zone Economiche Speciale (Zes) 100 a 60. Infatti, con il provvedimento del 12 dicembre, l’Agenzia delle entrate ha reso note le percentuali del credito d’imposta fruibile per gli investimenti realizzati nelle aree Zes e Zls, con la prima che potrà contare su un incentivo ridotto al 60 per cento, mentre per le Zls l’incentivo resta pieno.

La decisione è stata suscitata dalle dinamiche legate al livello particolarmente elevato delle richieste per le Zes che ha portato all’applicazione di un coefficiente di riparto con ripercussioni sulla percentuale di credito spettante, ridotta al 60,3811 per cento dell’importo richiesto: praticamente, nelle aree in cui il contributo richiesto era il 60 per cento per le piccole, il 50 per cento per le medie e il 40 per cento per le grandi, le imprese si sono viste riconoscere il 36,2 per cento (piccole imprese), il 30,1 per cento (medie imprese) e il 24,15 per cento (grandi imprese). In sostanza, ed è l’amara sorpresa per le imprese, le percentuali di rimborso sono ancora più basse del vecchio credito d’imposta, utilizzato prima delle individuazioni delle Zes.

L’altro aspetto

Se le imprese non sorridono, restano con l’amaro in bocca anche le aziende del settore della produzione primaria di prodotti agricoli e forestale, dove la percentuale di credito riconosciuta si attesta al 15,2538 per cento. Percentuale che – come in precedenza – risente dell’elevate richieste rispetto alle risorse disponibili con una significativa riduzione del beneficio, mentre per gli investimenti delle grandi imprese la percentuale riconosciuta è pari al 18,4805 per cento: una differenza di qualche punto percentuale dovuta ai diversi regimi e massimali di aiuto.

Ma anche qui c’è un’altra faccia della medaglia. Se l’agricoltura non può gioire, fanno festa il settore della pesca e dell’acquacoltura, dove il credito d’imposta è riconosciuto al 100 per cento dell’importo richiesto, segno che ci si trova davanti a una richiesta al di sotto dello stanziamento disponibile che non ha provocato alcuna riduzione proporzionale alle risorse disponibili.

La prospettiva

In pratica – è la lettura critica da parte del mondo imprenditoriale del Mezzogiorno – il governo ha penalizzato le aziende che hanno portato avanti, secondo tempi e programmi indicati, gli investimenti richiesti per lo sviluppo del territorio e creare occupazione. Ad esempio, nel Sud sono state 10.493 le richieste di accesso al credito d’imposta, 1.340 delle quali arrivate dalla Puglia (340 dalle grandi imprese, 820 dalle medie e 180 dalle micro) per un valore di oltre 235 milioni di euro che avranno ora benefici ridotti secondo le tabelle rese note dall’Agenzia delle Entrate.

Insomma, una presa in giro perché la elevata attrattività – per le imprese meridionali – dello strumento finanziario determina un effetto penalizzante sul beneficio finale, a causa dell’insufficienza delle risorse rispetto al volume complessivo delle domande presentate. Il Governo, allargando la platea dei beneficiari ha finito per penalizzare tutti: una democrazia economica che livella verso il basso.

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