Il vertice a Washington tra Donald Trump, Volodimir Zelensky e i leader europei si è chiuso senza un comunicato congiunto, ma con la promessa di «progressi». Al centro del confronto un faccia a faccia tra Putin e Zelensky entro fine mese, in Ungheria o a Ginevra, seguito da un trilaterale con Trump. Meloni e Tajani spingono per Ginevra come sede del negoziato, con la Svizzera pronta a garantire immunità diplomatica al leader russo.
Non si sa ancora nulla invece riguardo le garanzie di sicurezza per Kiev e il futuro dei territori occupati. Gli Stai Uniti come anche l’Italia, propongono un meccanismo simile all’articolo 5 ma senza truppe americane sul campo: le parti, «concordano che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nel Nord America sarà considerato un attacco contro tutte». E dunque, ciascuna dovrà intervenire in soccorso del Paese attaccato «intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che ritiene necessaria, incluso l’uso della forza armata».
Francia, Germania e Regno Unito chiedono impegni più stringenti, mentre Mosca insiste sul riconoscimento dei propri «interessi di sicurezza». Zelensky ammette che il tema dei confini sarà inevitabile, ma rifiuta concessioni imposte.
L’Europa appare compatta nel sostegno di Kiev. Macron definisce Putin «un predatore, un orco alle nostre porte». Secondo Merz un’eventuale cessione territoriale sarebbe come chiedere agli Usa di rinunciare alla Florida.
Intanto Mosca ha colpito infrastrutture energetiche in Poltava e Kremenchuk, poche ore dopo i colloqui di Washington. «Entrambe le parti dovranno fare concessioni», ha dichiarato il segretario di Stato Usa Marco Rubio, mentre il Cremlino ribadisce che non sarà accordo senza un riconoscimento delle proprie posizioni.
Le prossime settimane saranno decisive. Se il bilaterale si terrà davvero, potrebbe segnare l’inizio di un difficile percorso di pace. In caso contrario l’Europa minaccia nuove sanzioni contro Mosca.