Ucraina, Zelensky incerto sulla strategia da attuare: «La risoluzione del conflitto sarà diplomatica»

Una guerra ad alta intensità tra due stati, come lo è quella in corso da tre mesi tra Russia e Ucraina, non si combatte solo al fronte, ma va oltre il campo militare. Il rapporto di forze è il prodotto di un insieme di fattori in costante mutamento.
Fin dall’inizio del conflitto, l’Ucraina non si è limitata a resistere, ma ha sabotato i piani russi nella regione di Kiev e ha respinto l’esercito di Putin dalla zona della grande città di Charkiv, nel nord.

Ora però la narrativa di una “vittoria” ucraina si è capovolta. Gli ultimi difensori della città di Mariupol, sul mare d’Azov, si sono arresi su ordine del loro comando. Si tratta, secondo la Russia, di più di 2.700 prigionieri, che sicuramente torneranno utili alla propaganda di Mosca. Per il Cremlino è la più grande vittoria dall’inizio della guerra. Ma non è l’unica. Nel nordest del Donbass alcune posizioni difensive ucraine stanno per essere sbaragliate. L’esercito russo, dopo un bombardamento intensivo, sta ottenendo risultati significativi. Evidentemente la potenza russa continua a essere temibile, nonostante le iniziali delusioni.

Questa guerra, destinata a durare, potrebbe vivere diverse svolte. Tutto dipenderà dai calcoli dei due schieramenti, dalla loro valutazione del rapporto di forza e dalla possibile evoluzione in funzione delle consegne di armi all’Ucraina o della capacità di inviare truppe fresche dalla Russia. Il 21 maggio una frase del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha smorzato la posizione estremamente aggressiva di Kiev, sicuramente anche a causa delle cattive notizie dal fronte. «La fine del conflitto sarà diplomatica. […] Ci sono cose che si potranno risolvere solo al tavolo dei negoziati», ha dichiarato Zelensky alla tv ucraina.

Questo realismo mostrato dal presidente ucraino smentisce l’idea di una vittoria puramente militare che nelle ultime settimane qualcuno aveva ventilato.

In questo momento una trattativa seria sembra ancora impossibile, perché la logica delle armi non ha ancora raggiunto la sua conclusione, ma resta il fatto che esiste un altro fronte della guerra, quello della diplomazia pubblica e dei segnali scambiati dagli schieramenti, a volte in modo contraddittorio. La dichiarazione di Zelensky fa parte di questo processo. In tutto questo è innegabile che ci sia una certa confusione, soprattutto quando il segretario alla difesa statunitense, Lloyd Austin, dichiara di voler indebolire la Russia ma il giorno dopo chiama il suo collega russo per chiedere un cessate il fuoco, o quando la Francia sottolinea che l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea non arriverà prima di “quindici o vent’anni” (come affermato dal ministro francese per l’Europa Clément Beaune) rischiando di generare confusione nella parte orientale del continente proprio mentre il presidente polacco Andrzej Duda annuncia davanti al parlamento di Kiev, tra gli applausi, che «l’Ucraina deve entrare nell’Unione europea». Questa guerra in Ucraina è ormai al centro del futuro, della stabilità e dell’economia dell’Europa, ma anche dei grandi equilibri mondiali. Nessuno può permettersi di sbagliare. Vale per gli ucraini ma vale anche per l’Italia e per l’Europa intera.

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