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Tu non puoi capire! La rubrica di Marcella Loporchio

Questa settimana ho pensato tanto di quale argomento scrivere. Le notizie sono state molte, alcune estremamente spiacevoli, così come le curiosità da trattare. Alla fine ho preso spunto da un articolo molto carino del mese scorso, scritto sul Messaggero nella “posta del cuore” da Michela Adreozzi dal titolo “Le over 50 vittime della sindrome del…

Questa settimana ho pensato tanto di quale argomento scrivere. Le notizie sono state molte, alcune estremamente spiacevoli, così come le curiosità da trattare. Alla fine ho preso spunto da un articolo molto carino del mese scorso, scritto sul Messaggero nella “posta del cuore” da Michela Adreozzi dal titolo “Le over 50 vittime della sindrome del Vetril: si diventa invisibili ma anche libere e felici”.

Ho iniziato ad analizzare come anche io, giovane 55enne felicissima (vabbè dipende dalle giornate sono onesta) della mia età, vivo questo tempo a livello personale e professionale. Sapete che c’è una forte discriminazione, che si chiama AGEISMO, che tratta proprio di questo? Coniato nel 1969 da Robert Butler, uno psichiatra e geriatra si riferisce, come riportato dal Vocabolario della Lingua Treccani, ad una “forma di pregiudizio e svalorizzazione ai danni di un individuo, in ragione della sua età; in particolare, forma di pregiudizio e svalorizzazione verso le persone anziane”.

Ma quando si diventa veramente anziani? In un’epoca nella quale la necessità impellente è quella di creare definizioni con l’idea, falsa, di includere maggiormente le persone, può essere una data di nascita la discriminante per decretare una persona anziana? Se non fosse che nel nostro lessico comune questo va di pari passo al fatto che si diventa vecchi e quindi inutili, la parola in sé non sarebbe male. Invece, quando scatta l’ora X meglio farsi da parte e trovare altro da fare.

Riporre nel cassetto passioni, pulsioni, conoscenza, sapere, curiosità, cultura, lavoro e proattività. Largo a chi? Perché di contraltare abbiamo una GEN Z, la generazione indicata come nativa digitale nata tra il 1995 (1997 per altri) e il 2010 (2012 per altri) che fino ad ieri erano osannati come i messia ma oggi stanno perdendo colpi discriminati perché troppo giovani. Studi illustri che non sto qui a citare hanno sottolineato le diverse categorie che voglio però riassumervi, chiedendo già scusa se su alcune date potreste non ritrovarvi.

Vado con ordine:

–       Generazione silenziosa: quella nata prima del 1945 che ha vissuto la guerra mondiale e quindi ha imparato a pensare prima di parlare e ad apprendere e trovare soluzioni in ogni situazione;

–       Baby boomer: nati tra il 1945 e il 1964 in piena ripresa economica per cui hanno sviluppato le caratteristiche di efficienza e crescita professionale. Accusati di essere chiusi ai nuovi approcci e di scarsa dimestichezza con le tecnologie rappresentano la generazione più numerosa oltre che coloro che stanno andando in pensione, quindi fuoriescono dalla popolazione attiva come la concepiamo noi;

–       Generazione X: nati tra il 1965 e il 1980 sono i primi che sono stati travolti dal progresso tecnologico e che hanno vissuto le prime grandi catastrofi ambientali (ricordate Chernobyl?). Pur essendo votati all’individualismo puntano ad un equilibrio tra il tempo professionale e la propria qualità di vita;

–       Generazione Y o Millenial: nati tra il 1981 e il 1995 nati con la connessione incorporata che prende ovunque e non perde mai il segnale (ndr). Attenti alla qualità della vita e ai cambiamenti climatici alternano piacere verso l’individualismo ma vivendo in comunità che siano rispettose e nelle quali poter vivere una buona qualità della vita;

–       Generazione Z: gli attuali adolescenti che sono iperconnessi, che vivono un po’ in una realtà virtuale e un po’ in quella reale con un grande rispetto verso l’ambiente, la salute, puntano ad un libero sviluppo della personalità e sono contrari ad ogni omologazione;

–       Generazione Alpha: nati dal 2011 vive in un mondo digitale nel quale però le caratteristiche di iperprotezione familiare portano a maggiori difficoltà linguistiche ed un precoce livello di stress (ma questo sarà tutto da verificare andando avanti con l’età)

Per cui capite bene come si rischia di arrivare a 55 anni e scoprirsi trasparenti, come il vetro appena pulito dal Vetril nonostante gli sforzi per fermare il tempo o migliorare le rughe. Una sindrome che da sempre presente non accenna a sparire, anzi si amplifica. Perché l’invecchiamento può far paura, soprattutto se lo specchio lo viviamo come un nemico e continuiamo a farci condizionare dalla competizione (perdente) con chi oggi ha 25 anni e attrae – nel guizzo di nuova gioventù, nella speranza che sia vera – i coetanei uomini che non lottano con le rughe…non solo.

Un ultima cosa precisazione, sapete che esiste una GENERAZIONE C? Non ha limiti di età ma si riferisce a chi è costantemente on line, crea contenuti e partecipa attivamente alle community on line, anche quelle di Whatsapp. E voi che generazione siete?

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