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Tra Israele e Iran resta ancora in piedi l’accordo di tregua: si aprono spiragli di pace

Un grande trambusto, si era gridato al flop, ma la tregua di 12 ore prima per Teheran e poi a finire per Tel Aviv, annunciata nella notte italiana, nonostante le accuse incrociate e il presunto raid missilistico iraniano, alla fine ha retto. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, prima di partire per il vertice Nato dell’Aja, nei Paesi Bassi, era stato chiaro: «Sostanzialmente abbiamo due Paesi che stanno combattendo da così a lungo e così duramente che non sanno che cavolo stanno facendo».

Poi ha sbottato contro l’alleato storico: «Israele deve calmarsi, non si onora così un cessate il fuoco rovesciando il più grande carico che Teheran abbia mai visto». Appena dopo il presunto lancio di missili iraniani a nord di Israele gli animi si erano scaldati con il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, che aveva invocato una risposta di forza dell’esercito di fronte a quella che è stata definita una violazione della tregua.

L’intervento di Trump

Salvo poi, due ore dopo, a quanto pare fermare tutto, dopo un colloquio telefonico tra il presidente Trump e il primo ministro Netanyahu. «Alla luce del raggiungimento degli obiettivi dell’operazione, e in pieno coordinamento Israele ha accettato la proposta del presidente per un cessate il fuoco bilaterale – ha scritto in una nota l’ufficio del primo ministro – Le forze armate hanno ottenuto il pieno controllo aereo sui cieli di Teheran, hanno inflitto gravi danni alla leadership militare e distrutto decine di obiettivi centrali del governo iraniano». Una dichiarazione a cui è seguita quella dell’Iran, tramite le parole del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale. «Le forze armate iraniane hanno inflitto una risposta umiliante ed esemplare alla crudeltà del nemico – hanno dichiarato – Teheran ha risposto agli attacchi sul proprio territorio costringendo il nemico al rimorso, ad accettare la sconfitta e a cessare unilateralmente la propria aggressione».

Cambio di regime in Iran?

Su un possibile cambio di regime in Iran il presidente Usa è tornato sui suoi passi, rilasciando dichiarazioni ambigue. «Una soluzione del genere porta caos», ha dichiarato ai giornalisti prima di salire a bordo dell’Air Force One. Un dietrofront rispetto al post su Truth, pubblicato la scorsa domenica dopo il raid americano sulle tre basi nucleari iraniane. In quell’occasione aveva lasciato intendere, infatti, proprio l’opposto: «Se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere di nuovo grande l’Iran, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime?».

Solo la fine di una fase

La tregua con l’Iran ha posto la parola fine solo a una prima fase del conflitto che, come confermato dal capo di stato maggiore israeliano, Eyal Zamir, non è ancora finito. «Stiamo entrando in una nuova fase basata sui risultati di quella attuale. Abbiamo fatto arretrare di anni il progetto nucleare iraniano, e lo stesso vale per il suo programma missilistico», ha dichiarato Zamir, ricordando i prossimi impegni per l’esercito israeliano: «riportare a casa gli ostaggi e smantellare il regime di Hamas».

Ciò che è certo è che l’intera regione è ripiombata nell’incertezza, che gli europei avevano cercato di colmare per via diplomatica a Ginevra, scendendo a compromessi con il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Areghchi, salvo poi crollare tutto a seguito dell’attacco statunitense sugli impianti atomici, lanciato appena 24 ore dopo.

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