Sulla carta d’identità dei minori torna la dicitura “genitore” anziché “padre” e “madre“. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione civile a Sezioni unite affermando, in una sentenza di ieri – 8 aprile 2025 – che il figlio o la figlia di due donne «ha diritto di ottenere una carta d’identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare».
Nel dispositivo di 11 pagine, i magistrati della Suprema Corte hanno di fatto bocciato il ricorso presentato dal Viminale contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, contro il Comune di Roma e contro due donne che dopo la decisione del ministero dell’Interni di cancellare la parola “genitori” e di apporre la specifica “padre” e “madre” (disposta dal cosiddetto “decreto Salvini” del 31 maggio 2019 che li inserì al posto della parola genitori) avevano proposto il ricorso, prima in Corte d’Appello e poi in Cassazione.
Per Laura Boldrini, deputata del Partito democratico e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, la Suprema Corte «ha messo fine a una forma di bullismo di Stato perpetrata per anni da Salvini, che impose “padre” e “madre”, e da Meloni che ne ha fatto oggetto della sua propaganda politica. Anni passati a seminare odio contro qualsiasi famiglia fosse differente da un presunto modello di “famiglia tradizionale” in cui non rientrano neanche le loro, di famiglie. Anni passati a rendere la vita impossibile a centinaia di bambini a cui lo Stato ha riconosciuto due mamme o due papà per il semplice gusto di farlo».
La Cassazione, conclude Boldrini, «scrive nero su bianco che tutto questo è “irragionevole e discriminatorio“. Ora se ne facciano una ragione: esistono tanti tipi di famiglie e i documenti non possono ignorarlo».