Il verdetto di Istat, Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di bilancio sulla manovra è netto: la redistribuzione promessa non si vede.
Le quattro istituzioni, audite in Parlamento, parlano di interventi selettivi e temporanei, con effetti limitati su salari, consumi e riduzione delle disuguaglianze.
Il taglio dell’Irpef, spiega Istat, destina l’85% delle risorse ai due quinti più ricchi delle famiglie: metà del beneficio va a chi guadagna oltre 48 mila euro, circa l’8% dei contribuenti. Il risparmio medio varia dai 23 euro per un operaio ai 408 per un dirigente.
Bankitalia conferma che la misura «Favorisce i nuclei dei due quinti più alti» e incide poco sulla disuguaglianza. Anche la Corte dei Conti rileva che il vantaggio massimo si concentra tra i redditi oltre 50 mila euro. La revisione dell’Isee, pur ampliando la platea dei beneficiari (2,3 milioni di famiglie), aumenta la complessità dello strumento e garantisce un beneficio medio limitato, 145 euro l’anno. Bankitalia invita alla cautela: l’aumento della franchigia sulla prima casa, osserva, premia i proprietari più che gli affittuari.
La detassazione dei rinnovi contrattuali, al 5%, riguarda poco più di 2 milioni di lavoratori, con vantaggi medi di 208 euro. Ma la misura è temporanea, avverte la Corte dei Conti. Inoltre, rischia di creare disparità tra chi rinnoverà i contratti nel biennio 2025-2026 e chi lo farà dopo. Sul fronte del fiscal drag, l’Upb sottolinea che la compensazione è solo parziale: copre i dipendenti fino a 32 mila euro, si riduce tra 32 e 45 mila e si annulla oltre quella soglia. Per pensionati e autonomi, il drenaggio fiscale resta quasi intatto. Nel complesso, le istituzioni concordano: la manovra attenua, ma non corregge, le disuguaglianze.