Con il verdetto definitivo della Corte di Cassazione a carico dell’ex terrorista di “Avanguardia Nazionale” Paolo Bellini si chiude anche l’ultimo carico pendente riguardo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: i giudici hanno confermato l’ergastolo, sancendo il «fine pena mai» anche per l’ultimo imputato del più sanguinoso attentato terroristico del dopoguerra italiano.
La sentenza
Una decisione che arriva a poco più di un mese dal 45° anniversario della strage, che causò 85 morti e oltre 200 feriti. I giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte hanno rigettato tutti i ricorsi, rendendo irrevocabile anche la condanna a sei anni per depistaggio nei confronti dell’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e quella a quattro anni per false informazioni al pubblico ministero inflitta a Domenico Catracchia, amministratore di alcuni immobili in via Gradoli a Roma. Secondo l’accusa, Bellini, già killer a pagamento e militante dell’estrema destra eversiva, partecipò attivamente alla preparazione dell’attentato insieme ai membri del “Nar” Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (tutti già condannati in via definitiva) e Gilberto Cavallini (anch’egli ergastolano), con il sostegno di Licio Gelli e la copertura dei servizi segreti. Nelle 421 pagine delle motivazioni della Corte d’assise d’appello di Bologna si legge che la sua partecipazione fu «consapevole e premeditata», e «provata al di là di ogni ragionevole dubbio».
Più vicini alla verità
Elemento centrale della condanna è stato un fotogramma estratto da un video amatoriale girato da un turista tedesco quella stessa mattina: il volto ritratto fu riconosciuto dall’ex moglie come quello di Bellini. Un tassello decisivo in una ricostruzione giudiziaria durata decenni, ostacolata da depistaggi e silenzi istituzionali. Nel corso della requisitoria in Cassazione, lo scorso gennaio, il sostituto procuratore generale Antonio Balsamo aveva sottolineato come questo processo rappresentasse «una importante occasione per dare attuazione a quel diritto alla verità» invocato da organismi come l’Onu, la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte Costituzionale italiana. Con questa sentenza si chiude un altro capitolo del lungo cammino verso la verità sulla strage di Bologna, simbolo delle ferite mai rimarginate della strategia della tensione.