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Stati Uniti, espulsioni dei detenuti venezuelani: la Corte impone lo stop momentaneo

Le espulsioni di un gruppo di cittadini venezuelani detenuti nel centro detentivo di Bluebonnet, ad Anson, in Texas con l’accusa di far parte della gang criminale «Tren de Aragua», non potranno continuare, almeno per il momento. La decisione è arrivata direttamente dai giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, che hanno sospeso «fino a nuovo…
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Le espulsioni di un gruppo di cittadini venezuelani detenuti nel centro detentivo di Bluebonnet, ad Anson, in Texas con l’accusa di far parte della gang criminale «Tren de Aragua», non potranno continuare, almeno per il momento. La decisione è arrivata direttamente dai giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, che hanno sospeso «fino a nuovo ordine» l’utilizzo di una legge federale del 1798, la cosiddetta «Alien Enemies Act». Una norma che ha dato finora la possibilità al presidente americano, Donald Trump, di espellere senza regolare processo le persone di un Paese in guerra con gli Stati Uniti. La sentenza ha messo d’accordo quasi tutti i giudici dell’assise tranne due: Clarence Thomas e Samuel Alito, hanno espresso parere contrario al resto dei loro colleghi.

Il ricorso d’urgenza

L’Alta Corte federale americana ha agito in seguito a un ricorso d’urgenza dell’American Civil Liberties Union avanzato lo scorso venerdì dagli avvocati di circa 30 venezuelani rinchiusi nelle carceri del Texas. I legali hanno denunciato nei confronti dei migranti una campagna discriminatoria fondata su prove inconsistenti, accusati ingiustamente di aver commesso reati o di far parte di gang criminali. Inoltre, stando ai difensori non sarebbe stata garantita loro la facoltà di fare ricorso alla legge federale usata da Trump, ma non solo. Ci sarebbero state delle sviste sulle tempistiche in merito alla notifica di espulsione, ricevuta meno di 24 ore prima che avvenisse, mentre loro malgrado erano già stati caricati sui transfer.

La legge del XVIII secolo

La legge, al centro del caso giudiziario, ha permesso al governo statunitense, a partire dallo scorso 15 marzo, di espellere dal Paese più di 130 venezuelani, portati in un carcere di massima sicurezza a El Salvador, in America centrale. La norma del XVIII secolo era già stata usata da Washington solo in altre tre occasioni, sempre contesti di guerra. L’ultima volta risale proprio durante il secondo conflitto mondiale, quando vennero imprigionate senza processo e portate in campi di internamento cittadini americani di origine giapponese per timore che potessero essere delle spie e potessero rivelare informazioni sensibili.

Il precedente

Lo scorso 8 aprile la stessa Corte aveva stabilito che il presidente Trump avrebbe potuto avvalersi della legge del 1798 per l’espulsione di alcuni membri di bande criminali, ma non senza aver dato la possibilità agli stessi di presentare ricorso contro la loro espulsione. «Senza l’intervento di questa Corte, decine o centinaia di venezuelani potrebbero essere condannati all’ergastolo nel carcere di El Salvador, senza alcuna reale possibilità di contestare la loro designazione o rimozione», hanno detto gli avvocati difensori delle vittime. Una sentenza, in definitiva che va a infrangersi, per il momento, contro la propaganda del presidente Trump, che più volte, anche in campagna elettorale, aveva accusato il Venezuela di «perpetrare un’invasione» negli Stati Uniti.

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