«Aver inferto settantacinque coltellate non si ritiene che sia stato, per Turetta, un modo per infierire crudelmente o per fare scempio della vittima, ma il modo in cui Turetta ha compiuto il femminicidio di Giulia Cecchettin, con una dinamica certamente efferata, sia stato conseguenza della inesperienza e della inabilità del 23enne».
È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo, lo scorso 3 dicembre, per il femminicidio della sua ex fidanzata, Giulia Checchettin, ammazzata nel novembre dell’anno precedente.
«Turetta non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e ‘pulito’, così ha continuato a colpire, con una furiosa e non mirata ripetizione dei colpi, fino a quando si è reso conto che Giulia ‘non c’era più’», scrivono i giudici della Corte d’Assise di Venezia.