«Con GammaDonna cerchiamo di valorizzare due talenti, donne e giovani, che l’Italia forma in maniera eccellente ma “regala” all’estero. Vogliamo provare a chiudere il gender gap, attraverso scouting e valorizzazione della capacità imprenditoriale innovativa femminile». A sottolinearlo è Valentina Parenti, presidente e founder di GammaDonna, associazione che da quasi vent’anni ha istituito un premio omonimo e si pone l’obiettivo di ridurre il gender gap, valorizzando l’imprenditoria femminile delle donne e dei giovani e proponendo modelli innovativi.
Valentina Parenti, qual è l’idea alla base di GammaDonna?
«GammaDonna nasce nel 2004 per dare una risposta alla mancata capacità del nostro Paese di valorizzare due talenti, quelle delle donne e quello dei giovani. Talenti che formiamo in maniera eccellente, ma che, invece di rappresentare un ritorno economico per l’Italia, spesso sono “regalati” all’estero».
Cosa intende?
«Accade con i “cervelli in fuga” e con le donne relegate nella propria abitazione dopo la gravidanza. GammaDonna nasce per provare a chiudere il gender gap, attraverso scouting e valorizzazione della capacità imprenditoriale innovativa femminile».
Come portate avanti questa attività?
«Abbiamo deciso di perseguire la strada del cambiamento culturale fornendo role-model positivi di intraprendenza e autodeterminazione, per sfatare la convinzione che fare impresa fosse una prerogativa maschile, cercando di essere di stimolo e ispirazione e di abolire gli stereotipi di cui è intrisa la nostra cultura».
Avete istituito anche un premio importante.
«Un faro del nostro lavoro è il premio GammaDonna, il cui obiettivo principale è proprio lo scouting di storie di impresa innovativa. Negli ultimi tre anni si è rinnovato, diventando un percorso di valorizzazione, di accelerazione e di empowerment dell’imprenditoria femminile».
Come?
«Si articola in diverse tappe, formative e di networking, per concludersi con un grande evento televisivo, dal palco dell’Italian Tech Week, in cui vengono raccontate queste storie innovative».
E le altre iniziative?
«Nel corso dell’anno, cerchiamo sempre di stimolare il confronto, creando una rete tra imprenditrici, investitori, bitcorp e istituzioni, in modo che si formi un circuito virtuoso. E poi abbiamo un progetto di partnership con Unicredit, “Women OnBoarding”, che si occupa di mentoring per l’imprenditoria femminile, e un altro progetto appena lanciato, “GammaDonna Beez Tour”, che ha come obiettivo primario quello di portare un focus sulla cultura d’impresa soprattutto nei territori più ai margini di questi temi, raggiungendo donne e imprenditrici affinché il sistema dell’innovazione si allarghi sempre di più».
Ma ci sono anche altri progetti.
«A gennaio lanciamo un progetto con l’università Federico II di Napoli, l’“Academy for Women Entrepreneurs”, che nasce negli Stati Uniti e si estende con un solo progetto per Paese. L’obiettivo è aiutare le donne a mettersi in proprio, approfittando sempre della potenza della rete».
Le linee direttrici, dunque, sono riduzione del gender gap e attenzione all’innovazione.
«Il nostro focus è sull’imprenditoria che innova. GammaDonna nasce proprio per proporre un mindset innovativo, anche nelle imprese consolidate, che magari sono alla seconda, terza o quarta generazione e che per rimanere sul mercato in maniera competitiva devono essere in grado di rinnovarsi. L’innovazione è alla base delle nostre scelte, ma non deve essere necessariamente tecnologica».
In che senso?
«Può anche essere innovazione di processi, del modo di intendere la governance aziendale, di organizzazione, del welfare, dei rapporti con i territori. Un’innovazione, insomma, in senso molto aperto».
La priorità è quella di un cambiamento culturale?
«Non è semplice, perché a volte la cultura ci permea a tal punto da non vedere nemmeno dove risiedono i problemi. Quello che abbiamo scelto di fare è rendere possibili, agli occhi delle persone, dei percorsi d’impresa, che sempre più spesso coincidono anche con percorsi di scienza. Molte donne partono dalla ricerca scientifica e la trasformano in impresa. Rendendo visibili queste storie, le nuove generazioni possono immaginarle possibili».
Lavorate anche a stretto contatto con le istituzioni?
«Loro hanno l’arduo compito di legiferare e promuovere questi cambiamenti, mettendo dei paletti di carattere normativo, come le quote rosa o la certificazione di genere, per accelerare il cambiamento culturale».
Quali sono i maggiori ostacoli?
«I troppi cambiamenti politici degli ultimi anni hanno creato una certa instabilità per chi fa impresa, perché, per esempio, alcune politiche vengono immaginate da un governo, ma non vengono portate avanti da quello successivo».
Gli obiettivi futuri di GammaDonna?
«Vogliamo riuscire a essere il più capillari possibile sui territori, perché spesso si creano dei poli su alcuni temi e si finisce per concentrare tutte le proprie azioni solo in alcune aree: la conseguenza è che la ricaduta dell’attività rischia di essere piuttosto circoscritta».
Ma non solo.
«Mi piacerebbe anche riuscire ad attivare dei percorsi di internazionalizzazione, affiancando le imprenditrici pure su questo fronte».