Non un delinquente e nemmeno un boss, “morì da incensurato“. È stata tutta all’insegna della difesa di Renatino de Pedis, l’esponente della banda della Magliana ucciso in via del Pellegrino a Roma nel 1990 in un regolamento di conti tra bande.
Questa la precisazione fatta dal’avvocato della famiglia De Pedis, Maurilio Prioreschi, nell’ambito dei lavori della Commissione di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, presieduta dal senatore, Andrea De Priamo.
Secondo Prioreschi, per quanto riguarda il collegamento presunto tra De Pedis e la scomparsa di Emanuela Orlandi, «Tutto nasce da una telefonata che non esiste, una telefonata falsa, quella arrivata alla trasmissione “Chi l’ha visto” nel 2005».
«De Pedis – ha sostenuto – è uno di quei casi in cui si diventa boss dopo essere morto, gli scaricano addosso l’omicidio Pecorelli, Calvi, di tutto di più. Non voglio sminuire – ha aggiunto – né dire che De Pedis era uno stinco di santo, ma non aveva questa caratura criminale».
Il legale della famiglia ha poi proseguito nella sua arringa difensiva «Questa presunta telefonata diche “se volete scoprire il segreto di Emanuela Orlandi, guardate chi è stato sepolto a Sant’Apollinare e il favore che fece al cardinal Poletti“».
«Ma che favore gli doveva fare poi a Poletti?», ha anche affermato, «quando era latitante era a Fregene: non mi risultano rapporti nè con il Vaticano, nè con la politica, nè tantomeno con il cardinale Agostino Casaroli, se stiamo appresso a queste cose…“