Uno sciopero generale di Cgil e Uil che ha interessato i lavoratori di tutti i settori produttivi, sia pubblici che privati. Se A Milano, Roma e Napoli ci sono stati cortei pacifici, a Torino la situazione si è scaldata: per le strade sono state bruciate le effigi del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, quelle del ministro ai Trasporti, Matteo Salvini, e del ministro alla Difesa, Guido Crosetto. Il tutto tra le grida dei manifestanti che chiedevano le loro dimissioni.
Dura la replica del ministro ai trasporti: «Non sono manifestanti ma delinquenti, e i delinquenti meritano la galera». Anche il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha preso la distanza da quanto accaduto: «Esprimiamo ferma condanna per i disordini avvenuti. La violenza è da condannare, sempre, e non ha nulla a che vedere con il legittimo diritto di manifestare democraticamente e pacificamente le proprie idee. Piena solidarietà al personale delle forze dell’ordine coinvolto negli scontri».
Tra le richieste di lavoratori e sindacati, adeguati riconoscimenti salariali e professionali, riconoscimento del lavoro usurante per i ferrovieri dell’esercizio e la riduzione dell’orario di lavoro. Uno stop che rischia di paralizzare tutto il Paese, seppur siano stati garantiti i servizi essenziali: per i mezzi di trasporto lo sciopero dura solo 4 ore, dopo la precettazione del ministro ai Trasporti Salvini. I primi dati parlano di una adesione di lavoratori vicina al 70% nelle piazze che hanno aderito in tutto il Paese.
«Vogliamo rivoltare l’Italia come un guanto» aveva detto il 28 novembre il segretario generale della Cgil Landini «La risposta che sta arrivando, è una giornata di mobilitazione come da tempo non si vedeva. Per quello che ci riguarda questo significa non limitarci alla protesta oggi» ha tuonato.