Per la prima volta nella storia della Chiesa anglicana, una donna è stata nominata arcivescovo di Canterbury: si tratta di Sarah Mullally, 63 anni, vescovo di Londra, ex infermiera e madre di due figli. L’annuncio è stato dato dal governo britannico dopo l’approvazione della Crown Nominations Commission, guidata dall’ex capo dell’MI5 Jonathan Evans, e la ratifica di re Carlo III, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra.
Mullally succede a Justin Welby, dimessosi nel 2024 dopo le accuse di aver coperto casi di abusi sessuali. La sua elezione segna una svolta storica: solo dal 2014 le donne possono accedere all’episcopato anglicano. Decorata con il titolo di Dame, Mullally è considerata un’innovatrice e già nel 2018, da prima donna vescovo di Londra, rivendicò con ironia il carattere “sovversivo” della sua missione.
Oggi assume il ruolo di massima autorità spirituale della Chiesa d’Inghilterra, chiamata a guidare un’istituzione segnata da scandali e da un difficile percorso di riforma, con l’obiettivo di restituirle credibilità e autorevolezza.
Le congratulazioni
Alla prima arcivescova di Canterbury, Sarah Mullally, 63 anni e due figli, prima donna a capo della Chiesa d’Inghilterra dopo 500 anni, arrivano le congratulazioni dal Vaticano. In particolare, il card. Kurt Kock, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani, nel fare gli auguri a Mullally, 106esimo arcivescovo di Canterbury, sottolinea «le sfide» che attendono gli anglicani e la Chiesa d’Inghilterra evidenziando l’importanza di operare «per la comunione e l’unità».
Il card. Koch sottolinea poi l’impegno tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana attraverso «un formale dialogo teologico per quasi sessant’anni, durante i quali siamo cresciuti molto nella comprensione e nell’affetto reciproci.
Nonostante le tensioni occasionali, questo lavoro di ricerca di una comunione più profonda è stato sostenuto dalle relazioni tra i pastori delle nostre due comunioni. Questo è stato particolarmente chiaro dopo la morte di papa Francesco, quando molti vescovi della Comunione anglicana hanno partecipato al funerale».