«Questo è un processo politico. Ho mandato una Pec al presidente della Repubblica, una lettera molto asciutta riferendomi a quella che gli avevo inviato il 17 gennaio e a cui aveva subito risposto. È il garante della Costituzione e l’articolo 3 si applica a tutti i cittadini italiani: può intervenire sul governo Orban e deve smuovere il governo italiano perché evidentemente non ha fatto quello che doveva fare». Così il padre della docente italiana Ilaria Salis in carcere a Budapest da oltre 13 mesi con l’accusa di aver aggredito tre militanti di estrema destra, a cui ieri è stata respinta la richiesta dei domiciliari.
«Mia figlia – continua – in questo Paese è colpevole per tre motivi specifici. È una donna. Non è un ungherese. Ed è antifascista. La combinazione dei tre fattori la rende a Budapest il nemico pubblico numero uno, qualcosa da eliminare anche fisicamente».
«L’unico modo per tirare fuori Ilaria dal carcere è con il sostegno degli italiani. Spero che ci sia una protesta contro l’immobilismo del governo italiano».
Ieri 28 marzo all’ingresso del tribunale l’avvocato italiano della Salis «è stato aggredito dai neonazisti. Qualcuno chieda scusa o prenda dei provvedimenti. Oggi non ho ricevuto nemmeno una chiamata dalle istituzioni italiane. Al processo c’erano 7 parlamentari, nessuno di maggioranza».
«Bisogna aspettare che la Corte metta per iscritto l’ordinanza pronunciata ieri, cioè il respingimento dei domiciliari per Ilaria Salis, e ci vorrà qualche giorno dopo le feste di Pasqua. Subito dopo, e sicuramente entro i termini fissati, noi presenteremo il ricorso contro questa ordinanza alla Corte d’appello che ha già emesso una sentenza a nostro favore, riguardo la traduzione di tutti gli atti del processo in italiano». Conclude l’avvocato ungherese Gyorgy Magyar sui tempi del ricorso. Magyar ha rifiutato di fare ipotesi per i tempi della sentenza sull’appello.