Il gip di Roma ha disposto gli arresti domiciliari per Roberto Palumbo, primario dell’Unità operativa complessa di nefrologia e dialisi dell’ospedale Sant’Eugenio, arrestato nei giorni scorsi mentre intascava una mazzetta da tremila euro.
Il giudice, definendo «gravi i fatti contestati», ha ritenuto sussistenti gli elementi per sostituire il carcere con la misura meno afflittiva, dopo che sia Palumbo sia l’imprenditore Maurizio Terra – anche lui ai domiciliari – hanno ammesso le proprie responsabilità, almeno in parte.
L’arresto
Il provvedimento arriva mentre la Procura sta ampliando il quadro dell’inchiesta, che coinvolge complessivamente 14 indagati. Il gip sottolinea come Terra abbia «sostanzialmente ammesso i fatti» e come lo stesso Palumbo, inizialmente reticente davanti al pm, abbia poi fatto «ammissioni di responsabilità» durante l’udienza di convalida.
Il primario ha riconosciuto di aver preso denaro in nero, negando però che quei soldi fossero il prezzo per avere dirottato pazienti verso strutture private convenzionate. Una versione che non convince gli inquirenti: secondo il giudice «può dirsi accertato che Palumbo avesse un controllo della destinazione dei pazienti verso i vari centri dialisi».
Le indagini della squadra Mobile, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe De Falco, hanno ricostruito quello che viene definito dagli atti il «metodo Palumbo»: un sistema in cui il primario avrebbe sfruttato la propria posizione per indirizzare i dializzati dimessi dal Sant’Eugenio verso cliniche private a lui vicine, trasformando un percorso clinico in un passaggio obbligato caricato di interessi economici. A confermare i sospetti sono soprattutto le testimonianze di Carmelo Antonio Alfarone, consigliere e responsabile della «Diagest srl», che già nell’ottobre 2024 aveva riferito agli investigatori dei presunti meccanismi corruttivi. «Palumbo mi fece chiaramente intendere che avrei dovuto sborsare delle somme per risolvere il deficit di pazienti», racconta agli agenti.
Le indagini
Le verifiche successive avrebbero certificato che Alfarone, per garantire la sopravvivenza del suo centro, si sia trovato costretto a versare a Palumbo 120mila euro, tremila per ciascun paziente indirizzato. Non solo. Tra il 2019 e il 2021 avrebbe pagato 1.600 euro al mese di affitto per l’appartamento del primario in via Gregorio VII e acquistato i mobili della casa. Tra il 2020 e il 2022 avrebbe inoltre messo a disposizione una Mercedes aziendale e stipulato un contratto di consulenza da 2.500 euro al mese alla compagna del medico, Germana Sfara.
Senza quei pagamenti, sostengono gli atti, nessun paziente dimesso dal Sant’Eugenio sarebbe arrivato alla Diagest. Il sistema, secondo l’accusa, era oliato anche attraverso rapporti con altri soggetti del settore. Tra gli indagati figurano nomi di peso come Giovanni Lombardi, fondatore di Nefrocenter, e i nefrologi Carmine De Cicco, Annalisa Maria Pipicelli, Nicolò Lucio Vinciguerra e Federico Germani, rappresentante della «Omnia 2025». Proprio Germani, secondo gli investigatori, avrebbe effettuato alcune consegne di denaro all’imprenditore Terra.










