Rio de Janeiro è sprofondata nel caos dopo la più grande operazione di polizia mai condotta nella storia della città. Oltre 130 persone sono rimaste uccise e 81 arrestate nel maxi-blitz contro il gruppo criminale Comando Vermelho, il secondo più potente del Brasile dopo il PCC di San Paolo. L’azione, scattata nelle favelas di Penha e Alemão, ha coinvolto 2.500 agenti armati, supportati da mezzi blindati e droni, e ha avuto come obiettivo lo smantellamento della rete di narcotraffico che controlla la zona nord della metropoli.
Gli scontri sono stati violentissimi: i narcotrafficanti hanno risposto con mitragliatrici e granate lanciate da droni, mentre la polizia ha rimosso barricate e sequestrato 93 fucili e oltre mezza tonnellata di droga. In piazza São Lucas, nel Complexo da Penha, gli abitanti hanno disposto decine di corpi per aiutare le famiglie nelle identificazioni, in un silenzio surreale raccontato da O Globo.
Il governatore Claudio Castro ha definito l’operazione «necessaria per combattere il narcoterrorismo», invitando i residenti a restare in casa. Ma le organizzazioni per i diritti umani parlano di «massacro». L’Alto Commissario Onu Volker Türk ha espresso «orrore» per l’accaduto e ha chiesto un’indagine indipendente. A pochi mesi dal vertice mondiale sul clima COP30, Rio si mostra ancora una volta divisa tra la lotta alla criminalità e il dramma umano delle sue favelas.









